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lunedì 2 marzo 2009

Recensione libro La rivoluzione scientifica del XVII secolo di R. Westfall

La rivoluzione scatenatasi nel 1500/1600 è caratterizzata da due correnti principali: i platonico-pitagorici

(la natura è vista in termini geometrici, il cosmo secondo un ordine matematico) e i meccanicisti (la natura è vista come una macchina immensa). La tradizione meccanicista cerca le cause dei fenomeni presi individualmente ovvero di dimostrare che i fenomeni naturali sono il prodotto di meccanismi invisibili. Oltre al grande cambiamento tecnologico-fisico e culturale la rivoluzione portò ad un mutamento sociale dato dall'interesse della popolazione alle varie scoperte.
Capitolo 1

Keplero e Galilei sono i due responsabili principali della rivoluzione. Cercano di dimostrare, seppur modificandole, le rivoluzioni astronomiche iniziate da Copernico nel "De rivolutionibus orbium coelestium" del 1543. Se in Copernico si determinava una riforma limitata delle teorie planetarie aristoteliche tradizionali, con Keplero e Galilei si ebbe una riforma radicale. Nel 1596 Keplero, eliocentrista, dimostra la validità della teoria in base al numero dei pianeti con un fondamento di basi geometriche ma anche di principi fisici.
Keplero non considerava la concezione aristotelica bensì fu il fondatore della moderna meccanica celeste. Cerca di associare la meccanica celeste alla meccanica terrestre, vuole scoprire sia la struttura matematica sia le cause fisiche. Keplero non basa le sue teorie sui fatti osservati.
Tra i più grandi osservatori dell'epoca ricordiamo Tycho Brahe. Dalle teorie di questo Keplero trasse grande vantaggio, impossessandosi alla sua morte delle osservazioni.
Lo sviluppo che emerge dal pensiero successivo è duplice: da una parte troviamo un allontanamento dalla circolarità ed un avvicinamento alle orbite non circolari, dall'altra ci si avvicina chiaramente alle teorie meccaniciste dell'universo.
Successivamente Keplero capì che le orbite potevano essere più ellittiche che circolari e si sviluppò la prima legge del moto planetario. Le leggi di Keplero hanno resistito alla prova del tempo poiché corrispondevano a fatti osservati. Galileo Galilei sviluppo varie teorie sul moto e principalmente si dichiarò un eliocentrista considerando come tale un sistema basato sul sole al centro dell'universo.Si sviluppa in base a semplici ipotesi successivamente sperimentate che la terra gira attorno al suo asse, ovvero il concetto di inerzia per il movimento degli enti sulla terra.
Ma dietro a questa concezione sta il nuovo concetto di moto. Per Aristotele il moto era un processo che coinvolgeva l'essenza di un corpo, il moto locale abbracciava ogni cambiamento ma si ricollegava sempre all'essenza del corpo. Galileo innovatore separa il moto dalla natura essenziale dei corpi. E vista l'indifferenza di un corpo al movimento esso può partecipare contemporaneamente a più movimenti. Il moto inerziale non genera velocità.
Capitolo 2

Oltre a Keplero e Galilei si distinse un grande scienziato, considerato il fondatore della scienza moderna del magnetismo: Gilbert. Egli voleva stabilire i fatti fondamentali del magnetismo attraverso un'analisi empirica. Identificava il magnetismo con l'anima della terra, un anima magnetica che esiste per ordinare e disporre. In modo chiaramente simile agirono numerosi naturalisti rinascimentali, che vedevano ad esempio nell'acqua la materia sostanziale di tutte le cose (Helmont).
L'uomo può conseguire la conoscenza delle essenze vitali della realtà solamente con l'intelletto e non con la ragione.
La convinzione ottimistica che la natura non contenga alcun mistero impenetrabile alla ragione, è la base della concezione della natura del XVII secolo, ovvero della filosofia meccanicista.
Cartesio sosteneva che la realtà fosse composta da due sostanze: la res cogitans e la res extensa. L'effetto di tale dualismo fu di sradicare la natura intellettuale delle cose da quella materiale, con una concezione fredda rispetto alla natura.
Nasce da queste esigenze la natura fisica della scienza moderna. La concezione si basa ora sulla frase "cogito ergo sum". La filosofia meccanicista sottolineava che i fenomeni sono prodotti da particelle di materia in moto. Ma la domanda è come si produce tale moto? Essendo la materia sostanza inattiva si concordava che Dio fosse l'origine del moto. E cosa le tiene in moto? Si arrivò a concludere che il moto è uno stato e come tale non varierà fino all'intervento di qualcosa di esterno. I corpi inoltre interagiscono fra loro solo per mezzo di urti.
Passando poi alla teoria sull'universo Cartesio afferma che esso è un pieno, un pieno di materia. Non poteva esserci vuoto ma l'inesistenza di un vuoto entro il quale muoversi aveva come conseguenza diretta il fatto che il moto non potesse avvenire. Ciò era impossibile!
La proposizione fondamentale della filosofia meccanicista era che tutti i fenomeni naturali sono prodotti da materia inattiva in moto. La luce era il meno chiaramente meccanico tra i fenomeni.
Se le filosofie precedenti consideravano la natura in termini organici, Cartesio introduce i fenomeni organici nell'ambito meccanico. Nel caso dell'uomo l'anima non era considerata sede di vita, le funzioni organiche erano definite in termini meccanicisti. Nel XVII secolo affiancata alla filosofia meccanicista troviamo la filosofia atomista di Gassendi che affermava l'esistenza di unità ultime indivisibili nella materia con presenza di vuoti fra esse. Alla fine del secolo si arrivò ad affermare che la natura non è del tutto trasparente alla ragione umana e l'uomo la può conoscere solo come fenomeno. I filosofi del tempo non smisero ugualmente di immaginare empiricamente i meccanismi di base dei fenomeni.
Boyle definì un legame molto forte tra atomismo e cartesianesimo nella concezione della natura. Si definì così la filosofia meccanicista come unione di due principi universali: il moto e la materia.
Capitolo 3

Molti fenomeni con l'avvento della filosofia meccanicista acquisirono una maggiore importanza dalla metà del XVII secolo. Si intraprese una dimostrazione dei fenomeni con un metodo sperimentale che ebbe grande esponente in Pascal. Con tale metodo si ebbe uno sviluppo generale nei vari campi scientifici applicando a fenomeni di laboratorio anche delle regole teoriche.
Furono inventati tanti strumenti nuovi, come il telescopio, le lenti, il prisma per la luce ecc.
Si svilupparono numerose teorie sulla natura della luce tra le quali ricordiamo la teoria corpuscolare di Newton e quella ondulatoria di Huygens.
Le due teorie spiegavano fenomeni diversi fra loro ma in seguito risulteranno più compatibili e adottabili nello stesso tempo.
Alla fine del XVII secolo la sperimentazione aveva messo in luce proprietà e fenomeni intelligibili in più modelli meccanicisti, sia per la luce che per alti fenomeni.
Capitolo 4

La chimica del 1600 era certamente diversa dalla chimica del XX secolo. Come opinione universale stava il fatto che un numero limitato di elementi o principi si unissero in diverse proporzioni così da costituire le sostanze della terra, i principi erano ingredienti fondamentali ed universale di ogni cosa.
La chimica all'inizio del secolo era schiacciata da numerosi fenomeni, era un'arte al servizio della medicina. Spesso si facevano coincidere elementi come sale zolfo e mercurio con le tre componenti metafisiche di tutti i corpi, ovvero corpo, anima, spirito.
Tali principi, concepiti in termini qualitativi, erano portatori di qualità materiali. La chimica si vedeva come strettamente legata alla filosofia meccanicista della natura, essendo le particelle dei corpi motrici delle proprietà dei corpi stessi. La chimica si converte in un certo senso alla filosofia meccanicista.
Il principale chimico francese del secolo fu Lemery. Egli non formula una teoria chimica ma spiega le proprietà osservate tramite gli esperimenti.
Altro grande contributo fu dato da Mayow che mostrò come la filosofia meccanicista servisse per sostenere un punto di vista chimico tradizionale come respirazione o combustione. Il ruolo dell'ossigeno fu oggetto di numerosi sudi, come ad esempio Lavoisier.
Il più importante in assoluto fu Robert Boyle che propose la prima versione della materia come moltitudine di corpuscoli piccoli ed uniformi che unendosi per formare particelle maggiori, danno luogo alle sostanze e ai corpi.
La concezione meccanicista suggeriva a questo punto la mutabilità delle sostanze per cui una poteva divenire l'altra.
Tramite numerose prove chimiche, solo tramite esperimenti e non con semplici deduzioni teoriche i chimici del tempo diedero la base alla chimica moderna, soprattutto nello studio delle sostanze. La chimica sarà introdotta grazie al metodo sperimentale nel territorio della scienza naturale.
Capitolo 5

La rapida crescita scientifica non si limitò solo alle scienze fisiche bensì si estese anche a quelle organiche. La botanica raggiunse ottimi risultati grazie all'opera di Tournefort e all'inglese Ray.
Ma l'apice dello sviluppo fu contribuito nel 1624 dall'invenzione del microscopio, che rivelò l'esistenza di elementi ed eventi fino ad allora sconosciuti. La seconda metà del XVII secolo è chiamata l'eroica età del microscopio proprio per l'importanza del fenomeno.
Grandi considerazioni filosofiche furono accostate a fenomeni anatomici come la circolazione del sangue e lo stesso battito del cuore. Il cuore è l'inizio e la fine della vita, il sangue è sostanza spirituale.
Numerosi principi meccanici, tra cui le leve, riscontrarono valenza nel campo dell'anatomia.
Capitolo 6

Durante il XVII secolo la scienza naturale dovette sviluppare i propri centri di attività indipendentemente dalle università e fu costretta a difendersi da queste, che furono i principali centri di opposizione alla nuova concezione della natura, basata sull'osservazione e notevolmente opposta ai dogmi scientifici fino ad allora posti sia dai pensatori che dalla Chiesa. Si assistette alla nascita di vere e proprie società scientifiche. Si era ora in possesso di uno strumento d'indagine, cioè il metodo sperimentale che garantì successi in ogni campo. Se fino ad allora la conoscenza era stata considerata un fine in sé adesso si affermò che il fine dell'uomo era l'azione e fine della conoscenza era l'utile.
La tecnologia ha assunto un ruolo primario in questo processo di mutamento ed ha contribuito notevolmente alla concezione della cultura moderna.
Capitolo 7

La storia della scienza moderna della meccanica si individua nell'elaborazione di una nuova concezione del moto enunciata da Galileo. Le cause dei vari cambiamenti di moto erano riscontrabili in un solo principio, ovvero l'urto.
Lo sviluppo della dinamica trova un ostacolo per i filosofi meccanici nella considerazione di forza come "forza di un corpo in moto", visto che i moti erano definiti come causati da forze.
La nascita di una concezione di forza come azione su un corpo che muta il suo stato di moto, fu successivamente dimostrata da Newton che demolì uno degli ostacoli più imponenti dell'epoca.
Capitolo 8

Newton si convertì alla visione dei filosofi meccanicisti e sviluppo le sue teorie sul concetto fondamentale di etere. Esso consisteva in fluido di particelle piccolissime che pervade tutto lo spazio. Variando la densità l'etere altera la direzione dei corpuscoli e le interazioni tra corpi.
Tutti i corpi sono fatti di etere condensato e per questo, in base alla condensazione, essi sono più o meno pesanti.
Secondo Newton il calore è una sensazione generata dal moto delle particelle. L'ipotesi dell'essere del fisico aveva la base in una concetto di filosofia basata sulla premessa che il reale non è identico alle apparenze sensoriali.
Ora Newton si mise a cercare la misura quantitativa delle forze; con un'analisi geometrica dimostrò l'esistenza di rapporti proporzionali tra forza e figure geometriche. Ne è un esempio il moto circolare. Attorno al 1679/1680 dimostrò una delle proporzioni base della legge di gravitazione universale. Nella fine del secolo Newton si mise ad applicare la sua dinamica al sistema del mondo, con il fine di dimostrare che non solo le forze che caratterizzano alcuni fenomeni nell'universo sono uguali, ma che esse valgono anche per certi fenomeni terrestri. La geometria rimaneva il linguaggio della scienza.
Sotto le teorie di Newton permaneva il sostenimento di un ideale scientifico che accettava l'oscurità ultima della natura. Egli mantenne costanti le distinzioni tra ipotesi e dimostrazioni, esaltando nelle sue teorie l'importanza dell'esperimento.

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