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lunedì 2 marzo 2009

Recensione libro L'isola del tesoro

Appena ho letto per la prima volta che uno dei libri che Roberto Cotroneo avrebbe preso in esame nella sua lunga lettera era

"L'isola del tesoro" di Stevenson, mi sono ricordato di quando l'avevo letto, tanto tempo fa, in terza o quarta elementare. E mano mano che procedevo con la lettura, confrontavo la sua esperienza di bambino di otto anni che leggeva un romanzo d'avventura di uno dei più importanti esponenti del Romanticismo inglese con la mia esperienza di bambino di otto-nove anni che leggeva un romanzo di avventura di uno dei più importanti esponenti del Romanticismo inglese. Avendo affrontato il secondo capitolo della lettera di Cotroneo con quest'ottica, ora cercherò di ripercorrerlo e di commentare la mia esperienza qui, in queste pagine.
La terribile ballata del pirata, che tanto aveva impressionato Roberto, a me non era sembrata che una semplice filastrocca di un libro per ragazzi. Ma forse la vedevo in quest'ottica perché ero stato costretto a leggerlo. Non mi attirava molto. Però, superato le prime pagine, qualcosa cominciò ad attirarmi. Forse l'immagine di quel pirata, e di come il solo pensiero della macchia nera lo uccise. All'epoca mi ricordai di una storia degli Aristogatti dove anche "Romeo er mejo der Colosseo" veniva, in un sogno, marchiato con la macchia nera. La macchia nera, poi, mi fece ricordare un altro Macchia Nera, che conoscevo molto meglio, uno dei principali avversari di Topolino. E così cominciai a leggere il romanzo con più interesse. Non mi sconvolse tanto la figura di John Silver, e me la ricordo poco anche adesso che ne ho letto la trama sul libro di Cotroneo. La parte che mi catturò di più (lessi quel pezzo addirittura di notte, nelle ore che riservavo esclusivamente al sonno, anche se da quel momento divennero le ore di lettura) fu quando Jim minacciava appollaiato su un albero della nave un pirata; quest'ultimo gli lanciò un coltello ferendolo di striscio ad una spalla, il ragazzo cadde e lo uccise. Almeno questo è la versione dei fatti che ricordo a sette anni di distanza dal momento in cui lessi quel romanzo. Ma il libro di Cotroneo ha risvegliato la mia curiosità e adesso, in questo momento, mi sto alzando, sto andando in camera mia e sto cercando "L'isola del Tesoro". Mi ricordo di averla. Per me era un libro lungo e corpulento, ma non saprei dire se fosse l'edizione integrale o quella ridotta. Ma dove sarà... Ah, eccolo. L'apro alla prima pagina e leggo "Capitolo primo. Il vecchio lupo di mare all'«Ammiraglio Benbow»". Benbow? Mi sforzo e non ricordo cosa sia, ma non mi è nuovo. Questo nome ha risvegliato chissà quali remoti meccanismi della mia mente per cui ricordo di averlo sentito tante volte ma non ricordo il suo significato. È buffo riprendere un libro in mano dopo tanto tempo. Era più grosso, prima. Non l'avevo più ripreso in mano da quando lo lessi quella volta. Non l'ho nemmeno riletto tante volte come Cotroneo, e, confrontando il suo commento con i miei ricordi credo che, raccontando la trama di questo libro, abbia un po' calcato la mano. Però sono quasi sicuro che, se non avessi letto l'Isola del Tesoro, questo libro mi avrebbe incuriosito ed invogliato a leggerlo.

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