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mercoledì 25 febbraio 2009

Tema svolto gratis : I problemi dello sport

1) La crisi dello sport professionistico 2) Calcio e televisione
3) Come uscire dalla crisi


1) Lo sport,. oltre a contribuire a mantenere la salute psico-fisica di chi lo pratica ed a sviluppame le capacità motorie, rappresenta un'occasione di svago e di relax, come del resto è confermato dalla sua accezione terminologica che deriva dal sostantivo francese desport (= diporto, cioè divertimento, gioco). Ma ogni gioco presuppone una competizione: con se stessi, nel tentativo di migliorare la propria prestazione agonistica, e con gli altri, nel tentativo di superarli. La vittoria, a condizione che sia frutto di un comportamento leale e rispettoso dell' avversario, è un aspetto basilare di ogni disciplina sportiva, sia essa svolta in campo amatoriale, dilettantistico o professionistico.
Purtroppo duole constatare che, all'interno di questi tre ambiti, la componente ludica va progressivamente diminuendo: un gruppo di ragazzi che gioca a pallavolo nella palestra della scuola, durante l'ora di Educazione fisica, probabilmente si diverte di più degli atleti che prendono parte ad un torneo dilettantistico e ancora di più di quelli impegnati in un campionato professionistico. Ciò accade perché, al crescere della posta in palio, aumentano proporzionalmente le responsabilità e lo stress da competizione, a discapito del puro piacere agonistico. Tale meccanismo raggiunge le sue estreme conseguenze nel caso di sport che, per il largo seguito di appassionati e per i notevoli interessi economici che vi motano intorno, si sono trasformati in redditizie attività professionali: il calcio soprattutto, ma anche il basket, iCtennis e l'automobilismo di Formula 1. In questi sport, gli atleti professionisti non possono permettersi alcun calo di concentrazione, per non deludere le aspettative del pubblico e, soprattutto, dei presic denti delle società sportive, i quali li compensano profumatamente perché si attendono dai risultati conseguiti un ritorno in termini economici, sotto forma di spettatori paganti, di abbonamenti sottoscritti dagli stessi, di sponsorizzazioni pubblicitarie e di contratti televisivi.
Le contraddizioni insite nel mondo dello sport professionistico si evidenziano maggiormente nella disciplina che in Italia è la più seguita in assoluto: il calcio. Questo è ormai divenuto a tutti gli effetti un business, un evento più da vedere, dal vivo o in televisione, che da praticare, e di cui discutere ogni giorno negli abituali ritrovi: bar, circoli sportivi, clubs di sostenitori, ecc. D'altronde è limitativo definire il calcio uno sport: esso è un vero e proprio fenomeno di massa ed i valori agonistici sono subordinati ai profitti delle società-aziende, alcune delle quali sono anche quotate in Borsa.
Non è esagerato affermare che in Italia molte persone, in particolare di giovane età, sanno più di calcio che di politica o di economia e antepongono la passione per la propria squadra ad ogni altro interesse. Pensiamo, ad esempio, agli ultrà (i gruppi di supporters organizzati), che non si perdono una partita della squadra del cuore, sia quando questa gioca in casa sia quando è impegnata in trasferta; che, durante la settimana, s'incontrano per preparare la coreografia da esibire in "curva" il sabato o la domenica; che hanno un assiduo rapporto con giocatori e dirigenti, sentendosi parte integrante della società sportiva. I canonici novanta minuti di gioco rappresentano per tanti l'unica occasione di sentirsi protagonisti, sostenendo i propri beniamini, dopo sei giorni trascorsi nell'anonimato; di riscattare, identificandosi con i successi della squadra del cuore, le amarezze, le delusioni, i problemi della vita quotidiana.
2) Il gioco delfootball è ormai diventato uno spettacolo ad uso e consumo delle televisioni: lo dimostra il fatto che, ormai, per la maggior parte delle società della serie A, i maggiori introiti sono di gran lunga rappresentati dalla vendita dei diritti televisivi, soprattutto alle TV satellitari e digitali che, con il sistema delle cards prepagate, offrono la possibilità ai telespettatori di vedere in diretta le partite che desiderano. Ma questo non è l'unico condizionamento che lo sport più popolare subisce dalle televisioni: la perdita della contemporaneità degli incontri, che in passato si giocavano solo la domenica e tutti allo stesso orario, mentre ora vengono distribuiti dal venerdì al lunedì, e le numerose partite internazionali infrasettimanali fanno sì che ogni giorno, sui canali delle tv a pagamento, vengano trasmesse in diretta una o più partite.
La dipendenza del calcio dai contratti televisivi è solo una delle questioni che assillano lo sport più amato dagli Italiani: ci sono pure la violenza degli ultrà, a cui già si è accennato; il rischio del doping (un problema per altro condiviso con altri sport), dopo i recenti casi che hanno interessato giocatori anche famosi; soprattutto le difficoltà di bilancio di molte società, che hanno portato al clamoroso fallimento alcune delle più celebri e seguite squadre di calcio del nostro Paese, come il Napoli, ma con tante altre che restano in allarme per avere ancora il bilancio in "deficit".3) Il mondo del calcio s'interroga sul suo attuale stato di crisi: le difficoltà economiche di piccole e medie società iscritte ai campionati di Serie A e B; gli elevati emolumenti percepiti da buona parte dei calciatori professionisti, i più famosi dei quali strappano contratti principeschi alle società di appartenenza; il costante calo del numero di spettatori negli stadi, causato dalle riprese in diretta degli incontri trasmesse dalle televisioni a pagamento.
La sensazione che il "giocattolo" del calcio professionistico possa rompersi è avvertita da tanti. Per far sì che lo sport più popolare in Italia superi il suo momento di difficoltà, è necessario l'impegno di tutti, in primo luogo per porre [me alla spirale perversa dei costi crescenti, che rischia di trascinare nel baratro del fallimento la maggior parte delle società sportive; quindi per fermare la violenza teppistica delle frange piùviolente di ultrà; infine per arginare lo strapotere delle televisioni.

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