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mercoledì 25 febbraio 2009

Tesine gratis Poeti e Letterari di fronte alla guerra

“Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo -, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei liberatori, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna”.
MANIFESTO DEL FUTURISMO, ”Le Figaro”, 1909



“Edizione della sera! Della sera! Della sera!
Italia! Germania! Austria!”
E sulla piazza, lugubremente listata di nero,
si effuse un rigagnolo di sangue purpureo!

Un caffè infranse il proprio muso a sangue,
imporporato da un grido ferino:
“Il veleno del sangue nei giuochi del Reno!
I tuoni degli obici sul marmo di Roma!”

Dal cielo lacerato contro gli aculei delle baionette
gocciolavano lacrime di stelle come farina in uno straccio
e la pietà, schiacciata dalle suole, strillava:
“Ah, lasciatemi, lasciatemi, lasciatemi” …”
Vladimir MAJAKOVSKIJ, 1914

[…] siamo troppi. La guerra è un’operazione malthusiana. C’è un troppo di qua e un troppo di là che si premono. La guerra rimette in pari le partite. Fa il vuoto perché si respiri meglio. Lascia meno bocche intorno alla stessa tavola. E leva di torno un’infinità di uomini che vivevano perché erano nati; che mangiavano per vivere, che lavoravano per mangiare e maledicevano il lavoro senza il coraggio di rifiutar la vita […].
Fra le tante migliaia di carogne abbracciate nella morte e non più diverse che nel colore dei panni, quanti saranno, non dico da piangere, ma da rammentare? Ci metterei la testa che non arrivino ai diti delle mani e dei piedi messi insieme […].
Giovanni PAPINI, Amiamo la guerra, in “Lacerba”, II, 20, 1914.


È una vecchia lezione! La guerra è un fatto, come tanti altri in questo modo; è enorme, ma è quello solo; accanto agli altri, che sono stati e che saranno: non vi aggiunge; non vi toglie nulla. Non cambia nulla, assolutamente, nel mondo. Neanche la letteratura: […].
Sempre lo stesso ritornello: la guerra non cambia niente. Non migliora, non redime, non cancella: per sé sola. Non fa miracoli. Non paga i debiti, non lava i peccati. In questo modo, che non conosce più la grazia.
Il cuore dura fatica ad ammetterlo. Vorremmo che quelli che hanno faticato; sofferto, resistito per una causa che è sempre santa, quando fa soffrire, uscissero dalla prova come quasi da un lavacro: più duri, tutti. E quelli che muoiono, almeno quelli, che fossero ingranditi, santificati: senza macchia e senza colpa.
E poi no. Né il sacrificio né la morte aggiungono nulla a una vita, a un’opera, a un’eredità […]. Che cosa è che cambierà su questa terra stanca, dopo che avrà bevuto il sangue di tanta strage: quando i morti e i feriti, i torturati e gli abbandonati dormiranno insieme sotto le zolle, e l’erba sopra sarà tenera lucida nuova, piena di silenzio e di lusso al sole della primavera che è sempre la stessa? […].
Renato SERRA, Esame di coscienza di un letterato, in “La Voce”, 30.4.1915

[…] Accesa è tuttavia l’immensa chiusa fornace, o gente nostra, o fratelli: e che accesa resti vuole il nostro Genio, e che il fuoco ansi e che il fuoco fatichi sinché tutto il metallo si strugga, sinché la colata sia pronta, sinché l’urto del ferro apra il varco al sangue rovente della resurrezione […].
Gabriele D’ANNUNZIO, Sagra dei Mille (dal Discorso tenuto a Quarto il 5.5.1915)

“Guerra! Quale senso di purificazione, di liberazione, di immane speranza ci pervase allora! […]. Era la guerra di per se stessa a entusiasmare i poeti, la guerra quale calamita, quale necessità morale. Era l’inaudito, potente e passionale serrarsi della nazione nella volontà di una prova estrema, una volontà, una radicale risolutezza quale la storia dei popoli sino allora forse non aveva conosciuto. […]. La vittoria della Germania sarà un paradosso, anzi un miracolo, una vittoria dell’anima sulla maggioranza. La fede in essa va contro la ragione. […]. L’anima tedesca è troppo profonda perché la civilizzazione divenga per essa il concetto più sublime. La corruzione o il disordine dell’imborghesimento le sembrano un ridicolo orrore […]. Non è la pace appunto l’elemento della corruzione civile, corruzione che le appare divertente e spregevole al tempo stesso? ”
Thomas MANN, Pensieri di guerra, novembre 1914, in “Scritti storici e politici”, trad. it. Milano, 1957


Tipologia B

1 - Ambito artistico-letterario
Argomento - Poeti e letterati di fronte alla “grande guerra”

Commento al titolo
La molteplicità degli atteggiamenti del mondo intellettuale di fronte alla prima guerra mondiale ci offre numerosi spunti di lavoro.
In particolare, la scelta dell’argomento dovrebbe permettere allo studente di differenziare con chiarezza la tipologia testuale di riferimento. Nel caso dell’articolo breve, infatti, i contatti con l’attualità e i recenti dibattiti sulla guerra permettono una trattazione più discorsiva con aperture verso uno svolgimento più generale. Ma la complessità e le sfaccettature del tema proposto danno anche la possibilità di organizzare un saggio scientifico più articolato. In quest’ultima prospettiva più interessanti e immediati appaiono i contatti interdisciplinari con lo studio della storia, evidente sfondo per discutere le tematiche proposte.
Qualche parola va inoltre spesa in rapporto alla possibile “marginalità” di questo argomento rispetto allo svolgimento dei programmi ministeriali per lo studio della letteratura. Infatti, non tutti gli autori presenti nei documenti sono così famigliari poiché non sempre vi è la possibilità di analizzarli nel corso dell’anno scolastico. Si prenda il caso di Serra: evidente l’importanza e la centralità delle riflessioni di Serra sulla guerra, che con il suo Esame è forse uno degli autori più profondi del periodo; ma, anche considerando la complessità della sua opera, si provi a calcolare quanto spazio gli è riservato nei principali testi scolastici (comunque, ancora testi di riferimento per gli studenti).


1 - Articolo di giornale

Titoli possibili
Guerra giusta? Intellettuali e guerra all’inizio del Novecento

Politica, letteratura e guerra: quale coesistenza?

Modalità di svolgimento
• Tra le consegne particolarmente utili per lo svolgimento dell’articolo prioritaria sembra quella di legarlo a un “evento di rilievo”, come potrebbero essere i recenti conflitti bellici e la posizione assunta dal mondo politico e intellettuale (attualizzazione del tema).
• Si ipotizza qui un articolo per un settimanale divulgativo allo scopo di informare per provocare una riflessione.
• Dal punto di vista stilistico, considerato l’ampio pubblico cui si rivolge l’articolo, sarà bene utilizzare una dimensione snella (non superare le quattro colonne del foglio protocollo), uno stile agile e chiaro (sintassi con periodi brevi, lessico semplice) e impostare l’articolazione in modo accattivante (per esempio, anche ricerca di colloquio diretto con il lettore).
• Apertura con riferimento al problema della guerra giusta (esiste una guerra giusta? quando e come?) e invito a una riflessione capace di uscire dai percorsi obbligati che spesso animano queste discussioni. Proposta quindi dell’analisi di un periodo storico nel quale il mondo intellettuale e politico ha guardato alla guerra come a una soluzione giusta e liberatoria.
• Analisi della situazione del primo conflitto mondiale (apertura possibile: “sul fronte della prima guerra mondiale si ritrovavano moltissimi intellettuali, giovani e meno giovani, che in essa riponevano speranze collettive e dolori personali...”); rapida analisi storica degli interventisti, mettendo in risalto il complesso connubio di interessi politici e letterari che fanno da sfondo al periodo;
• breve rassegna di alcune posizioni e di interventi: piuttosto che dettagliare con precisione i dati storici, che dovranno essere sintetizzati al massimo, sarà bene spendere delle parole per spiegare le motivazioni, personali, culturali e politiche, di questi atteggiamenti, particolarmente quando possano sembrare al lettore contemporaneo poco comprensibili o, banalmente, “sbagliati”.
• Futurismo come momento di rottura con la tradizione e come prima apertura avanguardistica verso il progresso; quindi attenzione alla guerra e alla violenza come sovvertimento dei valori in nome di una nuova morale e di un nuovo linguaggio, al passo con il veloce fluire della modernità.
• Papini e il movimento delle riviste (“Lacerba” ma anche “La voce” e altre) come espressione di un ambivalente bisogno della guerra non solo come soluzione dei destini collettivi di una nazione – e quindi per fini politici – ma anche in proiezione nichilista che affonda le sue origini nelle letture di Nietzsche.
• D’Annunzio come attraversamento della guerra a fini personali e propagandistici, risoluzione in chiave narcisistica e spettacolare della violenza (D’Annunzio protagonista di imprese spettacolari, ma non costretto al fronte).
• Serra come momento di riflessione personale e isolata, assolutamente lucida nel negare alla guerra una qualunque soluzione definitiva sul piano della Storia (ogni guerra è un semplice accidente della storia). Nonostante questa consapevolezza egli aderirà al conflitto in nome di una partecipazione solidale ai destini di una generazione, come momento di affratellamento.
• Mann come posizione spaesata e critica con aperture verso una riflessione più ampia (si potrà, di passaggio, ricordare le dolorose riflessione di Mann sull’Olocausto e sui protagonisti dello stesso).
• In sede di chiusura si può mettere in rilievo le ricche sfaccettature delle posizioni rispetto al conflitto bellico, mai banalmente risolvibili in formule critiche; necessità quindi di una riflessione approfondita e di ampio raggio per una comprensione non solo del fatto storico e politico, ma anche delle emozioni e della mentalità che vive il conflitto.


2 - Saggio breve

Titolo possibile
Destini individuali e missioni generazionali: gli intellettuali e la “grande guerra”

Modalità di svolgimento
• Rispetto alle “consegne” il compito più complesso risulta quello di contenere il saggio in cinque colonne; sarebbe quindi opportuno innanzitutto introdurre rapidamente il tema, senza pretese di esaustività.
• La collocazione del saggio dovrebbe, per la complessità dell’argomento, rivolgersi a una rivista di ricerca.
• Poiché ci si rivolge a un pubblico più esperto, la sintassi potrà essere più complessa (quindi con una subordinazione articolata) e il lessico più specialistico (tanto per i riferimenti storici quanto per quelli filosofici).
• In apertura si dichiarano gli obbiettivi del saggio che procederà per campioni significativi piuttosto che per mappature esaustive.
• Atteggiamento comune che vede nel conflitto un momento conclusivo, quasi una soluzione a problemi di carattere sociale o anche a destini individuali. Presenza comunque di un’ampia gamma di sfaccettature letterarie e politiche.
• In prima istanza la presenza di D’Annunzio, letterariamente e biograficamente appartenente ad una generazione precedente agli altri. D’Annunzio trova nel conflitto una nuova occasione per rendere spettacolare la sua esistenza in direzione narcisistica; in lui il conflitto non sembra mai radicarsi in una esperienza lacerante e distruttiva, ma piuttosto nella continuazione di un preteso “superomismo”. Atteggiamento ravvisabile anche nelle future posizioni dannunziane, in particolare nel rapporto con il fascismo.
• Il futurismo come momento di rottura; si potrà ricordare, per collegarlo a D’annunzio, l’iniziale disprezzo di Marinetti per il Vate (si ricordi il titolo Gli dei se ne vanno, D’annunzio resta); segno questo di un desiderio irrefrenabile di aprirsi ad una nuova cultura, a una nuova dimensione linguistica capace di rapportarsi con maggior presa al mondo contemporaneo. Allora la guerra diventa momento liberatorio, tanto sul fronte psicologico (esplosione disinibita delle energie), quanto su quello culturale (affossamento della vecchia cultura e della sua società per l’affermazione di una nuova realtà); si può ricordare il successo del futurismo, in particolare russo, con il tragico destino di Majakovskij, prima partecipe entusiasta degli ideali di rinnovamento, poi suicida perché deluso e tradito dalla storia).
• Nelle aree marginali del futurismo e spesso aggregate alle riviste più dinamiche del primo Novecento, Giovanni Papini mostra di aver compreso il complesso meccanismo psicologico che muove verso la guerra e di aver intuito, per una via magari gridata, le pulsioni dell’animo umano che in quegli anni la psicanalisi e la psicologia andavano scoprendo (si ricordi l’amicizia con il filosofo William James, ad esempio). Il suo fu però un atteggiamento ambivalente e non così “muscolare” come quello dei futuristi, poiché in esso si cela anche tutto il nichilismo di una generazione che sente il bisogno di riscattarsi in una impresa comune.
• In parte complementare la posizione di Serra. Assolutamente non disposto ad accettare una soluzione della guerra come farmaco dei mali, convinto - nel suo isolamento - dell’inutilità del conflitto, lo giudica su di un piano astorico nel quale la violenza non è risposta, ma soltanto accidente. Nonostante la lucidissima riflessione, egli trova però nel conflitto una possibile soluzione ai destini personali, in una prospettiva di affratellamento, di unione solidale verso un obbiettivo comune, unica soluzione alla desolante condizione dell’uomo contemporaneo. Non quindi un’adesione in nome della patria, ma in nome della vita, che solo nel conflitto potrebbe ritrovare una sua legittimazione.
• In ultima analisi, si può forse ricordare come il convergere di molti letterati verso il conflitto nascesse da posizioni molto diverse e destinate, alcune, a subire un definitivo tramonto.

Per avviare il colloquio
Il tema proposto appare molto ricco di spunti per la ripresa della discussione durante il colloquio. Assai utile potrebbe essere, a questo proposito, la lettura di un volume ormai classico sull’argomento, cioè Il mito della grande guerra di Mario Isnenghi (Roma-Bari, Laterza), molto accurato nella descrizione tanto degli echi nella letteratura alta, quanto nella diaristica e corrispondenza dal fronte, genere oggi assai frequentato dagli storici.

La discussione orale potrebbe analizzare più dettagliatamente il periodo storico preso in esame, seguendo i seguenti percorsi.
• Esperienze poetiche maturate nel primo conflitto mondiale (Ungaretti, Apollinaire).
• Rapporto politica e letteratura nel fronte dell’interventismo (presenza di anime molto diverse tra loro, comunque convergenti verso l’adesione al conflitto).
• Futurismo, avanguardia e nuove tecniche di comunicazione (bellicismo come uno degli aspetti di una iconoclastia di più ampio raggio mirata a generare un nuovo linguaggio e una nuova cultura).
• Geografia e storia della letteratura italiana: diversità di posizioni e di atteggiamenti dei diversi letterati italiani di fronte alla guerra (gruppo fiorentino, gruppo triestino e problemi di irredentismo).

Ampi sembrano anche i margini per un rilancio della discussione su di un piano più generale, in particolare osservando gli avvenimenti storici e letterari successivi al primo conflitto.
• Intellettuali nel dopoguerra: atteggiamenti, riflessioni, ripiegamenti.
• Nascita del fascismo, tentativo di raccogliere l’eredità culturale di queste generazioni.
• Seconda guerra mondiale e letteratura (raffronto tra le posizioni dei letterati di fronte al primo conflitto e quelli del secondo).
• Olocausto e intellettuali; ulteriore tappa delle riflessioni su guerra, violenza e moralità (molte le esperienze letterarie citabili, su tutte Se questo è un uomo di Primo Levi).

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