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mercoledì 4 marzo 2009

La Divina Commedia Il Paradiso Canto 3

Il poeta incontra per la prima volta da quando è in Paradiso delle anime di beati,

in particolare di coloro che fecero voto di castità e non lo mantennero perché furono sopraffatti dalla violenza altrui. Sono immagini così tenui ed immateriali che sembrano al poeta delle immagini riflesse: queste figure sprigionano tanta luce, che i lineamenti corporei sono molto evanescenti. Nel gruppo Dante riconosce Piccarda Donati, sorella di Corso (collocato nell'Inferno) e Forese (collocato in Purgatorio tra i golosi). In vita essi si erano conosciuti: ella si fece monaca, ma fu costretta dal fratello Corso a sposarsi. Il discorso tra i due verte su due temi: la felicità delle anime e la vicenda di Piccarda. Nel gruppo riconoscono anche un'altra ex suora, Costanza di Altavilla, madre dell'imperatore Federico II, costretta al matrimonio dai politici. Le anime tuttavia esprimono la loro felicità con un canto di grazie alla Vergine; così le anime trascolorano e fluiscono via, come fossero dentro qualcosa di indeterminato. Da questa immagine a Dante viene in mente l'acqua, una massa d'acqua limpida che contiene dentro di sé i pesci, o in cui sprofonda un grave immergendosi in essa. Emerge quindi il tema della purezza, della tranquillità interiore, della pace.
Al verso 21 Dante, trovandosi per la prima volta di fronte a delle anime del paradiso, ritiene che siano riflesse, e perciò istintivamente si volge a cercare le figure reali. Non vedendo nessuno dietro di sé guarda Beatrice, che sorride per il suo equivoco. Dante infatti ancora valuta le cose secondo le leggi terrene, invece le anime che vede sono vere, ed il fatto di avere lineamenti incerti è in relazione alla loro condizione di beatitudine: siccome in vita non hanno saputo o potuto obbedire al voto, si trovano nel primo cielo (o della Luna), che è il cielo da cui partono le influenze di incertezza di volontà e di instabilità.
Al verso 33 Beatrice rassicura Dante del fatto che le anime che andrà di qui in poi per incontrare non saranno mai anime bugiarde, come nell'Inferno.
Al verso 78 Dante chiede a Piccarda se in Paradiso esista una gerarchia di beatitudine e quindi il desiderio di collocarsi più in alto. Piccarda gli risponde dicendo che tale ipotesi è in contrasto con la natura della beatitudine, che si fonda sull'appagamento dei desideri. Ogni beato è soddisfatto del posto che occupa perché gli è stato assegnato in relazione ai suoi meriti e alla sua capacità di beatitudine. In caso contrario, il Paradiso sarebbe simile ad una corte terrena, dove ogni cortigiano è infelice della propria condizione e desidera avvicinarsi sempre di più al signore.
Al verso 84 Piccarda spiega ulteriormente la loro condizione: nessun beato è infelice perché le loro volontà si identificano con quella di Dio, non perché ad essa asservite, ma poiché ad essa liberamente tendono.
Al verso 120 Accanto a Piccarda, si nota la luminosità dell'anima di Costanza d'Altavilla, che anch'essa fu costretta a lasciare il convento per sposarsi con Arrigo VI, secondo imperatore di Svevia, e partorire Federico II. In realtà Costanza non era stata monaca, ma qui Dante recupera la leggenda guelfa secondo cui la donna avrebbe generato l'Anticristo (Federico II). Tuttavia, Dante, a differenza dei guelfi, non la descrive come la madre di un mostro, ma ne fa un esempio della violenza che caratterizza la società duecentesca.

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