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mercoledì 4 marzo 2009

Tema svolto gratis Pirandello

Luigi Pirandello, nato ad Agrigento nel 1867

compì i suoi studi a Palermo, Roma e si laureò in lettere presso l'università di Bonn (in Germania) nel 1891. Tornato in Italia nel 1892, prese residenza a Roma, dove trascorse poi gran parte della sua vita, collaborando a vari giornali e riviste, e insegnando per oltre vent'anni letteratura italiana presso l'Istituto superiore di Magistero (dal 1897 al 1922). È da notare che nel 1904 ebbe inizio una grave crisi mentale della moglie (afflitta da una forma morbosa di gelosia), che costituì per lo scrittore una vera e propria tragedia familiare, e che non rimase, forse, senza influsso sulla sua dolorosa concezione del mondo.
Negli anni del dopoguerra si dedicò sempre più decisamente all'attività teatrale e fu così che nel 1925 fondò a Roma il Teatro d'arte, dando vita - per alcuni anni - ad una propria compagnia drammatica.
Nel 1934, mentre si faceva sempre più largo e profondo l'interesse suscitato in tutto il mondo dalla sua opera teatrale, gli fu conferito Premio Nobel per la letteratura. Morì a Roma, in seguito ad un attacco di polmonite, nel 1936.
Le opere

Pirandello iniziò la propria attività letteraria componendo alcune interessanti raccolte poetiche, tra cui si possono ricordare:

* "Mal giocondo" (1889), in cui il poeta esprime il suo amaro sentimento della vita;
* "Pasqua di Gea" (1891), una serie di liriche legate al suo soggiorno in Germania all'amore per una giovane tedesca;
* "Elegie renane" (1895), in cui il poeta riprende volutamente le "Elegie renane " di Goethe;
* "Zampogna" (1901), una serie di liriche dal tono distesamente discorsivo;
* "Fuori di chiave" (1912), in cui il poeta esprime il suo atteggiamento ironico e sarcastico di fronte alla vita.

Pirandello scrisse anche vari romanzi, nei quali rappresentò la sua visione pessimistica della vita e del mondo, mettendo in evidenza una sua nota di umorismo triste ed inquieto. Tra i suoi vari romanzi si possono ricordare, in primo luogo, i seguenti:

* "L'esclusa"(composto nel 1893 e pubblicato poi nel 1901);
* "Il turno" (composto nel 1895 e pubblicato poi nel 1902);
* "Il fu Mattia Pascal" (1904);
* "I vecchi e i giovani" (pubblicato parzialmente in rivista nel 1909 e poi in edizione integrale e riveduta nel 1931);
* "Uno, nessuno e centomila" (1926).

L'arte e la personalità

Pirandello come Svevo viene definito uno scrittore isolato, difficile da inquadrare in un movimento letterario ben definito. Nelle sue opere sono rappresentate le riflessioni sull'esistenza e sul ruolo dell'uomo nella società, affermando che non è possibile trovare alcuna soluzione positiva alla crisi che coinvolge e sconvolge i singoli individui, il tessuto sociale e le istituzioni. Pirandello rifiuta il Positivismo e si reputa testimone attento e consapevole della crisi della sua epoca.
La poetica pirandelliana si basa su alcuni nuclei concettuali: il vitalismo e il caos della vita. Il vitalismo è la tesi secondo cui la vita non è mai né statica né omogenea, ma consiste in un'incessante trasformazione da uno stato all'altro. Nella vita e nel suo flusso eterno, Pirandello avverte, da un lato disordine, causalità e caos, dall'altro percepisce disgregazione e frammentazione. Egli sente i rapporti sociali inautentici, rifiuta le forme e le ipocrisie imposte dalla società; a questo proposito, il pessimismo dello scrittore è totale e ciò lo si nota anche - nelle sue opere - dai personaggi, i quali sono posti sempre in situazioni paradossali, svelando così la contraddittorietà dell'esistenza umana.
Dal rifiuto della società organizzata nasce una figura ricorrente in Pirandello, quella del "forestiero della vita", l'uomo cioè si isola e si esclude, è colui che guarda vivere gli altri e se stesso dall'esterno con un atteggiamento "umoristico", in una prospettiva di autoestraniazione.
Il relativismo nel sostenere che è impossibile giungere a stabilire una verità, insieme al soggettivismo, legano Pirandello al clima culturale del primo Novecento, cioè alla fase in cui si compie la crisi del Positivismo. Egli interpreta in modo originale l'atmosfera decadente, traendo dall'esperienza concreta del suo tempo i suggerimenti per un'analisi lucida ed amara della natura della realtà; ma, se per alcuni motivi la sua posizione rientra nell'ambito di quello che si è soliti definire Decadentismo, sotto altri aspetti egli lo ha già superato. Pirandello è stato considerato un autore "filosofico" più attento ai contenuti che alle soluzioni stilistiche e che non si limita a teorizzare le sue concezioni, ma le usa come materia, ne fa l'oggetto delle proprie composizioni. Con le sue opere, la letteratura italiana esce dall'ambito nazionale e acquista respiro europeo.

Critiche ed interpretazioni

Il primo rilevante tentativo di un'interpretazione dell'opera pirandelliana è da vedere nel saggio del Tilgher (1922), il quale ha posto l'accento sulla filosofia implicita nell'arte del Pirandello, insistendo sul fondamentale dualismo tra la vita e la forma, che ne costituirebbe la base e il problema centrale. Il Tilgher affermò poi che il pensiero del Pirandello "non rimane astratto e puramente teorico, ma si fonde con la passione, e l'impregna di sé e a sua volta si colora alla sua fiamma".
Come giudizio conclusivo, oltre al convinto riconoscimento delle sue autentiche doti poetiche e della sua lucida coscienza critica e culturale, è peraltro da rilevare l'eccezionale importanza del Pirandello anche nella storia della tecnica teatrale, sia per quanto riguarda la modernità e la complessità dei problemi affrontati, sia per novità del linguaggio e delle forme di rappresentazione (lingua molto espressiva; sintassi analitica; ecc.). È proprio vero: "senza il suo esempio, non si spiega gran parte del teatro moderno, non tanto italiano, quanto europeo ed americano" (Sapegno).

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