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lunedì 2 marzo 2009

Recensione libro Il deserto dei Tartari di Dino Buzzati

Il tenente Giovanni Drogo, dopo il suo normale servizio in caserma, viene assegnato alla Fortezza Bastiani, di cui sente parlare veramente molto bene,

anche se nessuno di quelli che glielo racconta ci è mai stato veramente. Passa un paio di giorni a cavalcare verso la fortezza, e ad un certo punto vede su di un ponte un uomo, il capitano Ortiz, che lo accompagna; durante il viaggio discutono della Fortezza Bastiani, e Drogo ne è scoraggiato, anche perché Ortiz non gliene parla granché bene.
Arrivati, si rende conto di quanto la fortezza sia squallida, e Ortiz, notandolo, gli propone di poter andar via dopo due giorni, o dopo quattro mesi, al momento della visita di controllo. Si rende conto di come sia "non corretto" nei confronti degli altri andarsene dopo due giorni, e decide di restare almeno per quattro mesi. Mentre parlano di questo, Drogo nota da una finestrella un monte ai piedi del deserto, che lo incuriosisce molto. Gli vien spiegato che altro non è che il deserto del nord, che da lì non arriverà mai nessun attacco, che qui sta l'inutilità di tanto spreco di soldati nella Fortezza Bastiani. La notte, passate le emozioni dei giorni precedenti, solo allora realizza tutta la solitudine della fortezza, e si pente di aver voluto aspettare. Nota che il maggiore Tronk, da ventidue anni alla Fortezza, ha completamente dimenticato tutto il resto del mondo, tutte le sue bellezze. È un maniaco dei regolamenti e dei codici, e vaga per la fortezza come un automa. Nemmeno in una lettera alla madre, a cui è molto legato, riesce a confessare come si senta solo e triste, lì, lontano dal resto del mondo. Nota poi come lì, alla Fortezza Bastiani, tutti stiano come aspettando qualcosa, qualcosa che cambierà la loro vita, ma che no si decide ad arrivare. Il tenete Lagorio, passati i due anni regolamentari, cerca di convincere il ten. Angustina, il quale è rimasto anche lui per due anni alla fortezza, ad andarsene assieme a lui, ma qualcosa dentro di lui gli dice di aspettare, di non andarsene. Arriva adesso la tanto attesa visita medica, il medico è stato informato della situazione e sta già preparando il certificato di malattia, quando Drogo vede dalla finestra di deserto, chiamato "dei Tartari" per via di un antica popolazione che ci viveva. Decide allora improvvisamente di restare, resosi conto di quanto sia abituato ormai alle consuetudini della Fortezza Bastiani, e di come ci sia legato. Da ora in poi non si accorgerà quasi del tempo che passa, penserà di avere sempre ancora molto tempo, e anche lui come gli altri sarà legato alla magia della fortezza, l'attesa continua. Dopo quasi due anni fa uno strano sogno: "è bambino, e dalla finestra di casa sua guarda quella di un ricco palazzo di fronte, dove scorge un altro bambino, Angustina, anche lui piccolo. Vede poi degli spiriti giocherelloni girare intorno al palazzo, e se ne meraviglia, al contrario di Angustina. Gli spiriti prendono a giocare con Angustina, e lui serio, come è sempre stato, acconsente di andare con loro: solo allora Giovanni realizza che quelli sono gli spiriti della morte, e Angustina, consapevole, rimane sempre serio e impassibile". Il giorno dopo fu assegnato come capo alla spedizione settimanale alla Ridotta Nuova, e lì vide un puntolino nero, su cui poi tutti fantasticarono. Poi si accorsero che era un cavallo nero, e non conoscendone l'origine, un soldato, di nascosto lo catturò, e, tornando in ritardo alla Fortezza Bastiani, e non conoscendo la parola d'ordine, fu ucciso a fucilate dal soldato di turno; il magg. Tronk è assegnato ai suoi funerali, sorvegliato dal maggiore Matti. Dal nord, poi si vedono arrivare schiere di uomini armati, tutti si illudono che la grande attesa sia finita, che quelli siano i Tartari in assetto di guerra, ma apprendono all'ultimo istante che è una specie di operazione catastale autorizzata dal governo. La delusione è forte. Per favorire la fortezza in ciò, una squadra, capitanata dal magg. Matti, deve risalire un pendio al nord. Vengono battuti sugli ultimi metri dagli "avversari", e la notte, Angustina, già stremato, muore. Ha ancora in viso la sua espressione seria e Giovanni si accorge della somiglianza con il suo sogno. Dopo quattro anni Ortiz ripropone a Drogo di andarsene, e lui in primavera si prende una licenza, convinto che riprenderà il servizio, dopo tre mesi, da qualche altra parte. Tornato in città, però, si accorge di come tutto sia cambiato rispetto a lui, dalla madre alla sua amorosa, e si sente del tutto inutile. I compagni gli avevano tenuto nascosto che doveva fare domanda di trasferimento per andarsene, e perciò si vede costretto a tornare alla Fortezza Bastiani, notevolmente impoverita dai soldati che vanno via. Per questo chiede ad Ortiz come mai non si possa trasferire, ma si sente dire che è tutta una questione di tempo, che intanto passa, passa, passa...
Il tenente Simeoni, intanto, ha visto con il suo cannocchiale ai confini del deserto del nord alcune macchie nere, e la notte, alcuni lumi. Poiché nessuno ci dà peso, per la recente delusione, confida questo a Drogo, l'unico che gli dà retta; e, vedendo una striscia, lì, nel deserto, ipotizzano la costruzione di una strada. Poi tutti si dimenticano dell'accaduto per un po', per il sequestro del cannocchiale di Simeoni, che ci rinuncia. A settembre, anche senza cannocchiale, in lontananza si vedevano lumi e macchie nere, e tutta la fortezza era in agitazione per l'avvenimento. Quindici anni passano come niente, e la strada è quasi finita: c'è un palo piantato sul gradone di sabbia, e Drogo si accorge finalmente di quanto sia invecchiato in un giro di ricognizione: è sullo stesso ponte dove era Ortiz quasi venti anni prima, e arriva un nuovo tenente: gli sembra di rivivere la scena con le parti cambiate: è passata una generazione. Tutti i guerrieri scesi dalla strada ritornano indietro, e Ortiz dà le dimissioni: dice a Drogo che è ancora giovane, che farà sicuramente in tempo per vedere la guerra. Nella fortezza non si respira più quell'aria di attesa, è stata inquinata dalla cocente delusione del ritiro dei Tartari, ora si sente una sensazione di inutilità. Drogo, ormai vecchio, era il vice-comandante. Molto ammalato, un giorno il vecchio sarto piomba nella sua camera urlando: "Sono qui! I Tartari sono arrivati! Stavolta è sicuro: si distinguono i cannoni e il governo ha mandato dei rinforzi!". Ma Simeoni, il comandante, caccia via Drogo dalla sua stanza, "per far posto ai rinforzi", e perde così la grande occasione della sua vita. Deluso più che mai per aver mancato per un pelino la sua occasione, arriva in una locanda in città, e lì, in un letto impersonale, in una stanza non sua, come Angustina vince la sua ultima battaglia: quella contro la morte, che non riesce a portarselo via senza un suo sorriso stampato in faccia.
Buzzati vuole a questo punto comunicare la solitudine dell'uomo, in questo romanzo è molto presente il senso del tempo che passa, con tutte le sue conseguenze: All'inizio G. Drogo non sente il soffio del tempo che scorre via veloce, ma poi, solo quando è troppo tardi, si accorge che di tempo non ce n'è più tanto: ha ormai sprecato la parte migliore della sua vita. Qui l'autore crea un bel paragone: quello di un bambino che, passeggiando per un viale, chiede a tutte le porte dove sia il meglio: solo verso la fine si accorge che tutto va peggiorando, e che il meglio era dietro, ma quando tenta di tornare, trova irrimediabilmente chiusi tutti i cancelli: e solo allora capisce che il buono stava dietro, e che ormai ha sprecato la sua occasione. Questo concetto di avanzamento della vecchiaia e della diminuzione del tempo rimanente pervade tutto il racconto, dalla visita medica in poi. Anche il senso di attesa che si avverte all'interno della fortezza lo conferma: per tutti il ritiro dell'esercito dei Tartari, per Drogo l'allontanamento; simboleggiano il bambino che si gira e trova allora il cancello chiuso: non c'è più speranza, e quindi vita.
Tirando le somme questo romanzo mi è piaciuto, soprattutto durante la parte dell'arrivo di Drogo alla fortezza: gli si apre davanti un mondo triste e buio, al quale non sa come sopravvivere; benché gli vengano proposte soluzioni vantaggiose, non le accetta per qualche oscuro motivo.

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