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lunedì 2 marzo 2009

Recensione libro La Certosa di Parma di Stendhal

Il tempo della storia della Certosa di Parma è di 33 anni: dal 1796 fino al 1829, anno in cui Fabrizio Del Dongo, protagonista del romanzo, si ritira nella Certosa di Parma.

Il romanzo si apre con l'entrata dei Francesi in Milano capeggiati da Napoleone, durante la campagna d'Italia. Si inquadra subito la famiglia Del Dongo, e vengono scorti velocemente i diciassette anni che separano la nascita di Fabrizio dalla sua partenza per Waterloo, dove Fabrizio oscilla tra Milano e Grianta, la tenuta del padre sul lago di Como. Da lì ci si sposta a raggiungere l'esercito francese nella battaglia di Waterloo, alla quale partecipa: è il 1815. Fabrizio rientra in Italia ma non a Milano, dove è stato denunciato dal fratello. Si rifugia a Romagnano. Le vicende ora si accentrano sulla zia, la contessa Pietranera, che si risposa e diventa duchessa Sanseverina, che va a vivere a Parma insieme all'amante conte Mosca. La storia prosegue a Parma, anche quando Fabrizio va a studiare teologia a Napoli; si saltano alcuni anni, ed è il 1819 quando Fabrizio torna a Parma. Le vicende si susseguono qui, fino a quando Fabrizio è costretto a fuggire per un assassinio in alcune grandi città dell'Italia centrale (Bologna e Firenze), ritornando anche di nascosto a Milano. In seguito viene arrestato e le vicende si spostano nella Torre Farnese di Parma, dove vengono trattati in sommario i nove mesi della sua permanenza; dopo di che le vicende si spostano in una tenuta della Sanseverina. Fabrizio evade e si rifugia in un'altra tenuta all'interno del Lombardo, in territorio austriaco. Nel ***, in seguito alla morte del principe di Parma, Fabrizio, la zia e l'amante ritornano nella città. Le vicende si snodano lì per altri *** anni, fino a quando, dopo la riconciliazione tra Fabrizio e la marchesa Clelia Crescenzi, vengono trattati in un velocissimo sommario gli ultimi anni di vita del protagonista, fino al 1829.
Il primo grande riferimento storico reale del romanzo è la campagna d'Italia e la discesa di Napoleone in Italia. La campagna d'Italia (1796-97) si svolse mentre la Francia era ancora agitata dalle furie dilanianti della rivoluzione. Napoleone, allora solo generale, nella campagna d'Italia dimostrò le sue enormi abilità di comando. Attraversando le Alpi, l'esercito francese riuscì a sconfiggere i Piemontesi che furono costretti a stipulare una pace cedendo Nizza e la Savoia. Dopo aver occupato Milano entrò nei territori della Repubblica Veneta e firmarono nel 1797 la pace di Campoformio con l'Austria, che cedette il Belgio e la Lombardia in cambio dei territori della ex repubblica veneta. L'arrivo del tenente Roberto coincide con l'entrata dei francesi in Milano, e viene quindi descritto lo stato pietoso dei soldati francesi prendendo come esempio Roberto. Poco dopo, durante l'infanzia di Fabrizio ("Egli [Ascanio Del Dongo] aveva otto anni, e Fabrizio due", quindi nel 1800), viene nominato il trionfo di Napoleone a Marengo e l'entusiasmo dei milanesi. Ma il fatto storico reale più importante è rappresentato dalla battaglia di Waterloo (1815), alla quale Fabrizio prende parte. Dopo che Napoleone riuscì a scappare dall'isola d'Elba fu accolto trionfalmente a Parigi e riconquistò il potere, ma solo per cento giorni, poiché si dovette scontrare con le potenze della settima coalizione, che già avevano cominciato a provare a cancellare nella coscienza comune d'Europa l'esperienza napoleonica con il congresso di Vienna secondo un anacronistico tentativo di repressione ideologica chiamato Restaurazione. La battaglia di Waterloo rappresentò quindi lo scontro tra le ideologie liberali, rappresentate da Napoleone e dalla Francia, e le vecchie idee conservatrici degli Asburgo e dei Romanov, ma che inevitabilmente saranno destinate a soccombere. L'animo della Restaurazione è rappresentato in tutto e per tutto dalla figura del marchese Del Dongo, che prova un ingiustificato ribrezzo nelle idee illuministiche, dicendo "- che rovinan l'Italia"
Sono parecchi, tuttavia, i tratti storici non reali, ma tuttavia verosimili. Stendhal inventò l'organizzazione dello stato parmense: il principato di Parma del romanzo, all'epoca in cui avvennero i fatti narrati nel romanzo, non era un principato, ma era il Ducato di Parma e Piacenza, e non lo governavano i Farnese, ma la seconda moglie di Napoleone, Maria Luisa d'Asburgo-Lorena. D'altronde, non sono mai esititi né Ranuccio Ernesto IV né il figlio Ranuccio Ernesto V. Anzi, la famiglia Farnese si era estinta nel 1731. Secondo Balzac, la figura di Ranuccio Ernesto IV sarebbe stata ripresa dalla figura di Francesco IV d'Asburgo-Este, che regnò come duca di Modena, Reggio e Mirandola durante il periodo delle vicende, entrambi crudeli e proprietari di un patrimonio immenso. Inoltre a Parma non esiste alcuna Certosa, nell'accezione di monastero di certosini. Ma il problema più grande è rappresentato dalla Cittadella. A Parma esiste una cittadella, oggi semidiroccata, ma non ha niente in comune con quella descritta nel romanzo, che ricorda piuttosto Castel Sant'Angelo a Roma. Questo perché, nel suo consolato a Civitavecchia, Stendhal trovò un manoscritto, per certi versi fantasioso, sull' Origine delle grandezze della famiglia Farnese, che raccontava la "storia" di come questa famiglia, grazie ai facili costumi di una sua componente, divenne così importante. Ranuccio Farnese il Vecchio, capostipite della famiglia, avrebbe avuto tre figli, Pierluigi, Giulio e la bella Vannozza, che divenne amante di Rodrigo Lenzuoli, in seguito Rodrigo Borgia, imparentanto con Alonso Borgia, allora papa Callisto III. Rodrigo fu fatto cardinale ma contintuò la relazione con Vannozza, che divenne di dominio pubblico. Vannozza adorava il nipote, figlio di Pierluigi, Alessandro Farnese. Ma lui rapì e sedusse una nobile romana, e fu per questo imprigionato in Castel Sant'Angelo. Dopo molto tempo, riuscì ad evadere con l'aiuto della zia e del cardinale Rodrigo. Visse nascosto per alcuni anni, poi, quando Rodrigo divenne papa Alessandro VI, ritornò alla luce e divene cardinale. Intraprese una relazione con una giovane aristocratica, Cleria, dalla quale ebbe due figli. Ad uno di questi, Pierluigi, Alessandro Farnese, divenuto papa col nome di Paolo III, nel 1534 donò il ducato di Parma e Piacenza. Si può facilmente riconoscere la vicenda di Fabrizio del Dongo. Stendhal fece slittare questa vicenda, accaduta a cavallo tra il Quattrocento e il Cinquecento, nell'Ottocento, esaltandone alcuni aspetti e ponendo come sfondo generale l'ambiente dell'Italia della Restaurazione.
In Fabrizio si trovano poche caratteristiche del marchese Del Dongo: entrambi i personaggi si vantano della loro condizione nobile ed esaltano i loro antenati. Il marchese Del Dongo aveva un difficile rapporto con la sorella, marchesina Del Dongo, futura contessa Pietranera, duchessa Sanseverina e infine contessa Mosca, perché rappresentava le idee liberali, in contrapposizione con le sue vecchie idee conservatrici. Fabrizio non ha questo problema perché anche lui riprende per alcuni versi le ideologie liberali della zia. In Fabrizio possiamo trovare anche alcune caratteristiche del suo padre naturale tenente Roberto, come per esempio il suo spirito guerriero, il desiderio di eroismo e la sua grandiosa voglia di avventura, che hanno culmine nella partecipazione alla battaglia di Waterloo.

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