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lunedì 2 marzo 2009

Recensione libri Enrico IV

La pazzia è un tema che ritroviamo spesso in Pirandello, che viveva quotidianamente quella della moglie, ma in

Pirandello il pazzo è il personaggio filosofo, il personaggio che riflette sulla realtà, rifiutato da essa, se ne aliena. Nell'Enrico IV il protagonista, partecipando a una cavalcata in costume, viene fatto cadere da cavallo dal rivale in amore; a seguito del colpo si identifica con il personaggio da lui interpretato, appunto l'imperatore Enrico IV di Sassonia. La famiglia per assecondarlo e non creargli traumi lo mantiene in un falso castello medievale dove è ricostruita la corte dell'imperatore. Ma Enrico IV, ritornato in sé dopo dodici anni, preferisce continuare a vivere una lucida pazzia in una realtà tutta sua, tra persone pagate per servirlo, che tornare nella "vera" realtà; poiché lui ha fatto i capelli grigi da "Enrico IV" e se ne accorge in un sol giorno, tutt'a un tratto, rendendosi conto di essere "come uno che arriva con una fame da lupi ad un banchetto già bell'e sparecchiato", perché in venti anni tutti hanno vissuto la loro vita in un fluire inarrestabile mentre Enrico IV è rimasto fermo al giorno di quella cavalcata, fissato nell'immutabile forma di un giovane imperatore.
Qui come in molte opere di Pirandello i personaggi tentano disperatamente di fissare in una "forma" la vita che sfugge, la signora Poponica, i sei personaggi, sono espressioni dello stesso dramma; Pirandello già con le didascalie figura nella mente di chi legge uno strano personaggio: "È presso alla cinquantina, pallidissimo, e già grigio sul dietro del capo; invece, sulle tempie e sulla fronte, appare biondo, per via di una tintura quasi puerile, evidentissima; e sui pomelli, in mezzo al tragico pallore, ha un trucco rosso da bambola, anch'esso evidentissimo". In Pirandello le didascalie svolgono una grande funzione, devono aiutare a comprendere il dramma, poiché tutto sulla scena ha un suo significato; la tintura e il trucco riassumono tutto lo sforzo del personaggio di fissarsi in una "forma"; il protagonista per venti anni è sempre stato un giovane Enrico IV che si rende conto all'improvviso che "non si può aver sempre ventisei anni". È questo il dramma del personaggio che comprende che la vita gli è sfuggita di mano senza accorgersene.
L'opera teatrale comincia con l'arrivo al castello della donna da lui amata, Matilde, accompagnata dalla figlia Frida, dall'amante Belcredi, da un Dottore e dal barone Di Nolli, fidanzato di Frida. Enrico IV, forse spinto dall'incontro con Matilde, si sfoga davanti agli ammutoliti "consiglieri segreti", persone stipendiate per assecondarlo nella sua pazzia, durante il celebre monologo, nel quale manifesta tutto il suo dolore; ma i poverini, non capendo più nulla, diranno tutto a Belcredi. Intanto Enrico IV viene colto di sorpresa da una mascherata organizzata dal Dottore per farlo rinsavire; ma quando Belcredi svela la finta pazzia, il protagonista, vedendo crollare la sua stessa realtà, lo uccide, facendo credere a tutti di essere nuovamente pazzo; ma questo gesto lo costringerà a imprigionarsi per sempre nella parte dell'imperatore poiché soltanto come pazzo può avere l'impunità. E conclude così: "Ora sì... per forza... qua insieme, qua insieme... e per sempre!".
L'Enrico IV è un'opera teatrale, quindi è scritta in discorso diretto e la voce narrante è assente, in quanto l'autore non narra la storia ma scrive solo le didascalie; la narrazione si presenta sotto forma di fabula, cioè segue l'ordine cronologico.

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