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lunedì 2 marzo 2009

Recensione libro Il processo

Franz Kafka, scrittore ceco di lingua tedesca (1883-1924). Nato a Praga, era figlio di un agiato commerciante e apparteneva alla minoranza ebraica di lingua tedesca. Oppresso dalla dura personalità paterna, affetto da
tubercolosi tracheale, visse in un profondo isolamento. In amore ebbe vicende tormentate, e quando infine trovò una ragione di vita accanto a Dora Dymant, la tubercolosi lo condusse alla morte. Scrisse in tedesco romanzi e racconti in cui si dibatte, in un'atmosfera magica e allucinata, il problema dell'incomunicabile solitudine della creatura umana, prigioniera in un mondo che non riesce a comprendere. Ne Il processo (postumo, 1925), l'uomo è considerato sempre colpevole da una giustizia misteriosa, amministrata da una burocrazia sordida e meschina. Ne Il castello (postumo, 1926), non è più il tribunale ad accusare l'uomo, ma questo stesso a cercare la propria accusa, spinto alla ricerca ossessiva di una verità che non si può attingere se non nella morte. Famosa, tra i racconti, La metamorfosi (1916), trasposizione della situazione familiare di Kafka; tra le altre opere: La condanna (1913), Nella colonia penale (1919), America (postumo, 1927), Diari (postumo, 1925-1937), Lettere a Milena (postumo, 1952).

La trama

Josef K., un giovane impiegato di banca viene improvvisamente svegliato da alcuni agenti della polizia che irrompono nella sua stanza e lo arrestano, senza fornirgli un valido motivo: K. dovrà essere sottoposto ad un processo. L'assurdità dell'arresto di K. diviene ancora più evidente quando viene condotto per la prima volta davanti alla corte: l'udienza si svolge di domenica, in un malandato edificio alla periferia della città. Già dopo la prima udienza K. cerca di contattare il maggior numero di persone che lo possono aiutare a venir fuori da questa situazione. Contatta un avvocato, un industriale, persino il pittore che ritraeva i giudici, alla fine però decide di soccombere, di non andare contro all'assurda istituzione del tribunale. Una notte viene catturato, condotto da due oscuri individui in un'area deserta e giustiziato.
Commento

L'autore scrive in modo abbastanza semplice, il romanzo si legge con una discreta facilità, il linguaggio non è affatto complicato, anche se a volte l'autore utilizza a alcuni termini propri del linguaggio giuridico. La descrizione di luoghi come il tribunale, e il martellante riferimento ad un reato non conosciuto rendono la lettura angosciante e talvolta asfissiante (io non ci ho dormito quando l'ho letto, ma questo non lo mettete nella recensione). Il romanzo rispecchia comunque il periodo temporale in cui è ambientato: l'uomo sta progressivamente perdendo i suoi valori, no è in grado di reagire, può solo soccombere.

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