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lunedì 2 marzo 2009

Recensione libro Lo scheletro che balla di Lincoln Ryhme

"A New York il presente è tanto potente che il passato è perduto" (J.J.Chapman)

Una città che fugge che vive e che lotta contro il tempo, dove ognuno corre per arrivare primo fa da scenario ad uno straordinario, avvincente, geniale e spettacolare thriller psicologico. Ritorna Lincoln Rhyme. Ritorna la sua lucida intelligenza in una nuova spaventosa sfida contro un killer efferato e calcolatore.
Soprannominato lo scheletro che balla, per il macabro tatuaggio sul braccio, è in grado di trasformarsi con abilità camaleontica man mano che uccide le sue vittime. Per neutralizzarlo il detective e penalista Lincoln deve pensare più in fretta di lui, superarne la fredda intelligenza, radiografarne la mente sfruttando la sua dote peculiare: la capacità di arrivare alla soluzione un caso decifrando le tracce. 48 ore di pura suspense: questo il lasso di tempo in cui si snoda il thriller in un ritmo incalzante di colpi di scena. È un noir intenso, duro, spietato, dall'orripilante bellezza e creatore di tutto ciò è Jeffery Deaver.
Un autore di culto, un vero numero uno: è il nuovo maestro americano del brivido e delle suspense all'ultimo respiro. Ex avvocato e ormai scrittore a tempo pieno, per due volte finalista all'Edgar Award, è considerato il degno erede di Thomas Harris. The Times lo definisce il "più grande scrittore di thriller dei giorni nostri". Egli combina una conoscenza medica legale di cui Patricia Cornwell sarebbe orgogliosa con una trama turbo che fa dell'adrenalina il punto di forza.
Di Deaver ricordiamo il bellissimo "collezionista di ossa" da cui è stato tratto il film omonimo di gran successo diretto da Philiph Noyce con Denzel Washington e Angelina Jolie.
Protagonista assoluta è, senza dubbio, la fredda razionalità di Lincoln Rhyme: una mente investigativa raffinatissima racchiusa in un corpo immobilizzato a causa della frattura della 4 vertebra. È un criminalista che, da civile, aiuta l'FBI nei casi più controversi e apparentemente oscuri. È un database vivente di prove fisiche o residui: riesce ad individuare i luoghi del killer facendo leva sui frammenti microscopici di sostanze. I migliori criminalisti erano in grado di trovare un luogo segreto, nella loro mente, in cui il confine tra preda e cacciatore era praticamente inesistente. Si muovevano sulla scena del crimine non come poliziotti che tentavano di rintracciare degli indizi ma come il criminale stesso, scuotendo i suoi desideri, le sue bramosie, le sue paure. Rhyme possedeva questo talento, per lui luogo e killer sono strettamente connessi, come da una corrispondenza biunivoca, poiché vi è uno scambio di sostanze tra entrambi che li rende, irreparabilmente, uniti. Questa è la filosofia di rhyme, l'uomo che non sapeva di vivere, l'uomo che passava la sua vita tra whisky, sedie a rotelle e commiserazione. Dopo l'incidente aveva finito per credere che la trave di quercia che l'aveva reso tetraplegico in realtà aveva provocato il danno peggiore nel suo cuore, uccidendo ogni sentimento che conteneva. E che la sua capacità di amare e di essere amato fosse rimasta schiacciata esattamente come la fibra sottile della sua spina dorsale. Ma è con Sachs che si renderà conto di quanto si fosse sbagliato. Amelia sachs è il suo braccio, lui la mente.
Rassegnata a un futuro di auto pattugliatrice, rivalutata da Rhyme e crescendo sulle orme del maestro, s'innamorerà presto di lui e tra loro nascerà, solo alla fine del romanzo, qualcosa di più coinvolgente di un semplice rapporto di lavoro. "Perché il destino è cacciatore e sceglie con cura la sua preda", frase che ben sintetizza l'intero filo conduttore di questo sconvolgente thriller dal finale davvero geniale.
Come geniale è la capacità di Deaver di combinare con assoluta linearità diverse situazioni tra loro apparentemente prive di nesso logico ma che stuzzicano l'interesse del lettore. È un romanzo impregnato di vibrante forza espressiva, di sarcasmo e di ironia ma anche di tanta umanità!
Basta guardare a come l'autore si pone di fronte allo scottante tema della morte e del dolore, dando ai suoi personaggi quella forza di volontà e di condivisione della sofferenza che sembra impensabile riscontrarlo nella realtà. E come in una bella favola ecco che la bella poliziotta dai capelli rossi diventa l'amante e l'amata di un paralitico un tantino cinico e freddo, almeno nell'apparenza.
Deaver ci da la forza di sperare, di guardare al di là delle convinzioni e dei luoghi comuni, superando lo scetticismo e l'egoismo.
Esiste una realtà ben diversa da quella che vediamo con gli occhi della meschinità e della ristrettezza mentale, non bisogna poi cercarla tanto lontano: è nelle piccole cose che trascuriamo o che non apprezziamo come dovremmo.
Aprire la mente e, come dice Rhyme "lasciare stare in pace i morti", la felicità sta anche nel credere alle favole: come quella della poliziotta dai capelli rossi!!

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