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lunedì 2 marzo 2009

Tema svolto gratis Fascismo

La parola “fascismo” nasce con il regime instaurato da Mussolini nel 1922 e deriva da “fascio”, un tempo simbolo di un passato glorioso, della forza e dell’unione.

La denominazione di fascista qualifica ogni forma di dittatura o di autoritarismo, ai quali conferisce, se possibile, un senso peggiorativo; ma l’estensione del termine è storicamente errata poiché non tutti i sistemi dittatoriali sono riconducibili al modello fascista che ha avuto un percorso e caratteri propri.
Il fascismo rappresenta una sorta di anomalia morale nell’evoluzione della società occidentale: un’astuta minoranza convince le masse a rinunciare alla libertà e a raccogliersi in un nuovo ordine sociale capace di affrontare e superare le difficoltà del momento. Per alcuni esso rappresenta una parentesi nel corso della storia, senza richiamare in causa le responsabilità delle classi dirigenti nella formazione dei regimi mussoliniano e hitleriano.
Al fascismo non interessava darsi una sua dottrina, ma, tuttavia, è possibile rintracciare alcuni tratti caratteristici che conferiscono al fascismo i suoi contorni ideologici.
Innanzi tutto, il fascismo cercava di risvegliare sentimenti primari come l’entusiasmo delle folle, la collera dei vinti, l’indignazione delle vittime, la paura, il disprezzo, il rifiuto della diversità; voleva che tutto il popolo vibrasse di un medesimo slancio.
Rifiutando la ragione, il pensiero e la parola, il fascismo si diede come motore l’azione. Agli sconfitti e alle vittime delle crisi promise fatti concreti, gli esercizi fisici, la sana vita all’aria aperta, l’avventura, il pericolo e infine la guerra, che rivelava l‘uomo a se stesso.
Il fascismo si fondava, inoltre, su una concezione non ugualitaria dell’uomo. Accettava come un fatto naturale l’esistenza delle élite, senza porsi alcun interrogativo sulle loro origini e sulle giustificazioni della loro funzione storica; del resto era inevitabile, necessario e benefico che alcuni uomini fossero venuti al mondo per comandare, altri per obbedire.
La massa, ignorante per natura, accecata dalla soddisfazione dei soli bisogni materiali, incapace di individuare quali siano i suoi veri interessi, doveva piegarsi alle scelte operate dai superiori, pena la sconfitta dello Stato:
Altro carattere essenziale è il totalitarismo. Il fascismo era totalitario e faceva dello Stato l’assoluto che domina e soverchia l’individuo. Era un totalitarismo prima di tutto politico, ovviamente, che nel ribadire l’onnipotenza e l’unità dello stato, rinnegava la separazione fra potere legislativo, esecutivo e giudiziario, e dunque, ancora una volta, condannava la democrazia e le libertà; rigettava tutto quanto potesse indebolire, contestare, dividere lo Stato, come il sistema parlamentare, la pluralità dei partiti, dei sindacati, le organizzazioni sociali e volontaristiche, che altro non erano che testimonianze di impotenza, lascito di un passato ormai tramontato, oggetto di discussioni inutili e di inutili dissensi. Lo Stato aveva bisogno, al contrario di un solo partito, organizzato su un modello più o meno militare che necessitava di disciplina, di uniformi, di insegne, di gente che sfilasse a passo cadenzato sotto le bandiere.
Attraverso la stampa, la radio, il cinema e manifesti e pubblicità d’ogni genere, la propaganda di regime era onnipresente.
Per il fascismo l’individuo non contava nulla, essendo totalmente subordinato alla collettività ai cui interessi poteva essere chiamato a sacrificarsi; la singola esistenza acquistava un senso solo attraverso la partecipazione ad un gruppo. Ancora una volta il fascismo si rivelava nemico acerrimo della democrazia, che esaltava la dignità della persona umana e ne garantiva tutti i diritti. Lo stato totalitario intervenne infine nella vita privata, familiare, religiosa, sanzionando chi vedeva come deviante, indesiderabile, inutile come i celibi che non procreano per il bene della nazione, gli omosessuali, perturbatori della morale, i malati mentali che costano caro all’erario, gli appartenenti ad alcuni gruppi etnico-religiosi evidentemente nocivi.
Lo Stato onnipotente si incarnava in un capo carismatico e infallibile, provvidenziale guida della nazione e titolare dell’autorità assoluta. Il Duce aveva nelle sue mani tutti i meccanismi del potere e strinse con il popolo un rapporto quasi personale, si potrebbe dire di tipo mistico e religioso; le sue apparizioni, in occasione delle grandiose cerimonie suscitavano una sorta di estasi mistica o di fanatismo collettivo. Venerato fino a tale punto, il dittatore sembrava credere per davvero alla propria soprannaturale missione per il bene della nazione.
Artefice dell’instaurazione di una dittatura totalitaria, il fascismo teneva tuttavia a darsi un aspetto democratico e progressista; ad esempio, nonostante la costante critica del suffragio universale e del parlamentarismo, almeno in apparenza non rinunciò del tutto alle elezioni ed al sistema rappresentativo. Il Parlamento italiano sopravvisse ma non contava più nulla; le elezioni erano sorvegliate con estrema attenzione e, ad evitare sorprese, si svolgevano su liste uniche.
Il regime si giustificava inoltre proclamando di difendere i veri interessi della nazione con l’instaurazione di una società più giusta, facendo anche ricorso ad un vocabolario rivoluzionario e socialista.
Razzismo ed antisemitismo non trovarono spazio nel fascismo italiano degli inizi: vi erano ebrei perfino all’interno del partito nazionale fascista. Solo con molto ritardo, Mussolini, per opportunismo politico e per compiacere all’alleato nazista, introdusse in Italia una legislazione antisemita.
Con il 1925 si avviò così la costruzione del “regime” fascista, i cui momenti essenziali furono lo scioglimento di tutti i partiti e organizzazioni non fascisti, le “leggi fascistissime”, l’istituzione del Tribunale speciale, la “costituzionalizzazione” del Gran consiglio del fascismo, l’introduzione del sistema elettorale a collegio unico nazionale e a lista unica, i provvedimenti in materia sindacale e corporativa e la conclusione dei Patti Lateranensi con la Santa Sede.
Fu attraverso questi provvedimenti che Mussolini riuscì a stabilizzare il compromesso con la classe dirigente tradizionale, pensando di poterlo modificare a proprio vantaggio allorché lo stato fascista fosse riuscito a creare una propria classe dirigente attraverso l’educazione e la formazione politica delle nuove generazioni.
Il partito fascista poté contare, nella sua ascesa, sul consenso di varie classi sociali, nonché sulla tacita approvazione del governo e in particolare del re. All’inizio il movimento fascista si caratterizzò per la violenza esercitata soprattutto su dirigenti e semplici militanti socialisti, e sui contadini che scioperavano, al grido di “ordine e disciplina” (gli squadroni partivano con un intento di devastazione e a volte erano chiamati proprio dai proprietari delle terre). Questo ebbe un duplice effetto: da un lato il terrore non solo psicologico a chi aveva idee di sinistra, dall’altro il muto appoggio da chi aveva interesse a ridurre l’importanza di questo partito, quindi da parte della classe dirigente e degli apparati statali. Lo stesso Giolitti pensava che avrebbe potuto lasciar fare i fascisti, per poi portarli dalla sua parte e il re, in occasione della marcia su Roma, nell’ottobre del 22, invece di richiamare all’ordine Mussolini, gli diede l’incarico di formare un nuovo governo.
Gli altri partiti non seppero opporre una resistenza attiva: alle elezioni del ’24 non si coalizzarono, poi, permisero a Mussolini di continuare a spadroneggiare.
Per quanto riguarda il consenso popolare, si possono fare diverse ipotesi: le immagini spettacolari della folla che acclama Mussolini dalle piazze fanno pensare che l’ammirazione fosse effettiva. D’altra parte sembra assurdo che si possa dare il proprio consenso a un partito che era nato sotto il segno della violenza e che aveva trasformato l’Italia in un regime, con la relativa inibizione di qualsiasi idea, progetto, comportamento che non fosse in linea con gli ideali fascisti.
Concretamente, Mussolini fece alcune innovazioni per il miglioramento della vita di alcune persone, ad esempio la politica di incentivazione demografica, ma comunque questi interventi favorivano soprattutto la piccola borghesia.
Fu importante la stipula dei Patti Lateranensi, con cui il Papa riconosceva lo Stato Italiano e permetteva ai cattolici la partecipazione alla vita politica (in cambio di riconoscimenti territoriali ed economici), permesso che era stato negato con l’Unità d’Italia.
Ma la grande impressione del fascismo sul popolo italiano avvenne soprattutto attraverso la propaganda: per la prima volta il capo del governo si mostrava in pubblico per farsi apprezzare e acclamare, in modo che la gente si sentisse, allo stesso tempo, coinvolta e “guidata”, non sottomessa; La radio e il cinema si stavano sviluppando e diffondendo proprio in quel periodo, e Mussolini li utilizzava per veri e propri spot propagandistici. Sempre per quello che riguarda i mezzi di comunicazione, i giornali venivano attentamente controllati, e, nel caso, censurati.
È anche vero che parte del consenso fu passivo, cioè alcune persone si limitarono ad aderire esteriormente al fascismo, pur non condividendone gli ideali, per il quieto vivere, perché la violenza contro gli antifascisti non si era interrotta.
Soprattutto, il fascismo si preoccupò di fare presa sulle masse politicamente “neutre”, e perciò influenzabili.
Spesso, infatti, capita che la maggior parte delle persone non si schieri politicamente, e per questo viene considerata dai partiti stessi, come stupida o apatica. È proprio a questa massa che danno importanza i regimi, non per fare crescere in essa una coscienza politica e sociale, ma per avere un consenso numerico maggiore degli altri partiti, magari meno sentito, ma comunque ostile a prendere una posizione decisa e pronto a schierarsi in favore di chi colpisce la sua attenzione in maniera fittizia, anche attraverso la propaganda.

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