Nato a Recanati nel 1798, cresce in un ambiente familiare, socio-culturale e politico arretrato. Compie i suoi studi eruditi nella ricca biblioteca paterna.
Al 1816 risale la sua "conversione letteraria", ovvero "dall’erudizione al bello". Legge i classici italiani (Dante, Petrarca, Tasso).
Inizia nel 1817 la stesura dello Zibaldone, sul quale annoterà pensieri ed abbozzi di opere; nello stesso anno comincia la corrispondenza col Giordani, un rappresentante del neoclassicismo progressista.
Nel 1819 a causa della sua malattia agli occhi, cade in uno stato di cupa desolazione e matura la "conversione filosofica" ossia il passaggio "dal bello al vero" e l’elaborazione del pessimismo storico.
Nel 1822 sofferma a Roma, l’anno successivo torna a Recanati e approfondisce la riflessione filosofica approdando al pessimismo cosmico. Scrive le Operette Morali nel ’24.
Lasciata Recanati soggiorna a Milano, a Bologna e a Firenze, dove entra in contatto col gruppo cattolico-liberale dell’ "Antologia".
Ritornato a Recanati vive il periodo più tormentoso della sua esistenza, scrivendo i "grandi idilli".
Lasciato per sempre il "natio borgo selvaggio" assume un atteggiamento più combattivo di fronte alla vita e più solidale nei confronti della società.
L’amore sfortunato per Fanny Targioni Tozzetti gli ispira le poesie del "ciclo di Aspasia".
Stabilitosi a Napoli, ospite dell’amico Ranieri, nel 1833 scrive un gruppo di poesie satiriche, e compone le sue ultime opere: Il tramonto della luna e La Ginestra.
Muore a Napoli il 14 giugno 1837.
LA DONNA E L'AMORE
L’amore, per Leopardi è la più potente delle illusioni e sarà l’ultima a morire nella sua poesia.
Esso è concepito romanticamente come passione totale che coinvolge l’intera esperienza esistenziale dell’individuo.
Nella prima fase della poetica (quella del pessimismo storico) l’amore è descritto nella "Storia del genere umano".
Si narra che esso venne donato da Mercurio agli uomini come una delle illusioni che avevano lo scopo di distrarli dalla loro triste condizione di vita. In seguito l’Amore fu l’unico conforto concesso da Giove agli uomini che avevano determinati requisiti come gentilezza, generosità, magnanimità.
Questo Amore però non veniva donato alle coppie perché, se ricambiato, avrebbe quasi eguagliato la condizione divina. Inoltre esso dava l’illusione di giovinezza e suscitava speranze di gioventù, forniva virtù e la fede nei valori.
La passione senza oggetto e senza speranza si trasforma in passione reale nel ciclo delle poesie per Aspasia dedicate all’amore per Fanny Targioni Tozzetti.
Non insiste più sull’illusione e sull’immaginazione, ma sulla grande passione concepita come prova di forza e di valore nei rapporti col mondo.
I canti d’amore del ciclo di Aspasia hanno un’importanza fondamentale nella nascita della poetica del titanismo: la morte non è più concepita come distruzione delle illusioni ma come prova del senso eroico suscitato dalla passione d’amore.
Concludendo la potente illusione amorosa dà al poeta la forza di una sfida estrema alla negatività del mondo a partire da un nuovo sentimento di amore e di solidarietà per l’uomo, che impone il dovere di una resistenza collettiva al male del mondo.
LA FIGURA DELL’EROE
Con Leopardi entra in crisi il concetto di eroe come portatore di ideali in quanto egli li definisce vane illusioni.
Nella prima fase della poetica (il pessimismo storico) egli individua uno stato di Natura per sempre perduto in cui gli uomini vivevano felici grazie alla protezione della Natura benevola, che permetteva di coltivare i valori non ancora considerati caduchi ("La ragione è nemica della natura: la natura è grande, la ragione è piccola" , Zibaldone, [14], pag. 10).
Gli unici eroi furono i classici in quanto vivevano in una condizione molto simile a quella dello stato di Natura credendo nelle illusioni non ancora distrutte dalla conoscenza .
Leggendo i classici, però, Leopardi scopre che anche in passato gli uomini conoscevano il dolore e scrive le due Canzoni del suicidio sulle tristi vicende di Bruto e della poetessa Saffo.
Ora la Natura è considerata "matrigna", negli uomini prevale un lucido raziocinio che distrugge gli ideali, riconosce l’ineluttabilità del dolore e aspetta la morte senza temerla.
Leopardi rinnega il suicidio sulla base della sofferenza comune e della solidarietà: il suicidio è la scelta più lucida e naturale per l’individuo, ma non spetta all’uomo infliggere ulteriori dolori ai suoi simili.
La fase del titanismo è caratterizzata dalla concezione di solidarietà espressa nel "Dialogo di Plotino e Porfirio", nel "Dialogo di Tristano e di un amico" e nel Grande Idillio de "La Ginestra".
Gli uomini hanno accettato la "filosofia dolorosa, ma vera" e respinto le illusioni e perciò decidono di unirsi per sfidare la Natura in una battaglia persa in partenza.
Se Foscolo ha potuto travalicare le sconfortanti conclusioni della ragione attraverso la fede nelle "illusioni", se Manzoni ha potuto approdare dall’iniziale formazione materialistica alla consolazione di una fede positiva, Leopardi afferma un materialismo rigoroso che riconosce il dolore ineluttabile e fonda su tale consapevolezza una nuova morale laica, invitando gli uomini a sostenere l’impari lotta contro la Natura stretti da un tenace vincolo di solidarietà.
LE PRINCIPALI OPERE
LO ZIBALDONE DI PENSIERI
Allo Zibaldone Leopardi affida dal ’17 al ’32, quasi giornalmente, appunti e trattazioni più ampie intorno a disparati argomenti: osservazioni linguistiche, filologiche e di critica letteraria, meditazioni intorno all’estetica, o meglio, alla definizione della propria poetica, osservazioni psicologiche e morali su se stesso e sugli altri, e, soprattutto la sua "filosofia", cioè le sue considerazioni lucide e appassionate sulla vita.
CANZONI CIVILI
Sono ispirate dall’amicizia col Giordani, la patria, la gloria. Si tratta, però, di un patriottismo più libresco e più "democratico" di quello dei romantici lombardi, espresso nei vagheggiamento di una società alimentata da magnanimi ideali.
CANZONI DEL SUICIDIO
In queste due canzoni (Ultimo canto di Saffo; Bruto minore), al rimpianto di un antico e felice "Stato di Natura", si alternano accenni di sdegnosa protesta contro la meschinità del presente; inoltre viene ribaltata la posizione della Natura che ora viene considerata matrigna e crudele.
LE OPERETTE MORALI
Sono dialoghi o prose continuate, morali in quanto esprimono, attraverso finzioni fantastiche, o meglio, allegoriche, la meditazione leopardiana sull’uomo e sul suo destino, e soprattutto sulla dolorosa situazione del suo animo, continuamente proteso nel sogno d’una felicità impossibile e sommerso nell’angoscia di un inevitabile disinganno.
I CANTI
I canti riflettono il doloroso itinerario del Leopardi, ma costituiscono anche la risoluzione luminosa del suo pensiero e della sua chiusa e solitaria pena. La poesia rappresenta, infatti, per lui il ritrovamento della sua interiorità più vera e, per questo, il solo conforto al male del vivere. La poesia del Leopardi non descrive, ma canta (di qui il titolo della raccolta); non è racconto, ma espressione dei "tristi e cari moti del cor", non ripete gli antichi miti, ma coglie, di là dalle occasioni immediate dell’esistenza, la favola eterna della vita.
LE COMPOSIZIONI SATIRICHE E SENTENZIOSE
In queste composizioni si accentua la partecipazione del poeta alle contese ideologiche del suo tempo: di qui, l’implacabile sarcasmo contro le "ciance", ossia contro le nuove "fedi", che stavano radicandosi sempre più in Italia, spesso degradate a livello di moda; fedi, sia religiose (ma di una falsa e ipocrita religione), sia politiche e sociali. Comunque, bisogna tener presente che Leopardi non rifiuta i principi del liberalismo borghese, ma disdegna l’ottimismo idealistico di cui questi erano imbevuti.
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lunedì 23 febbraio 2009
Tema gratis Giacomo Leopardi
Pubblicato da
Baiox
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06:06
Etichette: Letteratura Italiana, Poeti_Scrittori_Artisti
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