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venerdì 27 febbraio 2009

Tema gratis Filosofia Eraclito

Eraclito è la prima figura di pensatore isolato che troviamo nella storia della filosofia greca.

. Nasce a Efeso in Asia Minore, e raggiunge la maturità attorno al 500 a.C.. Dal carattere altero e superbo, ostile al regime democratico della sua città (che aveva esiliato l’amico Ermodoro), si ritira nel tempio di Artemide dove vive in contemplazione e in isolamento. Qui scrive un libro intitolato “peri physeos” (lo stesso nome dei trattati dei pensatori di Mileto) nel quale espone il suo pensiero. I circa cento frammenti che sono giunti a noi sono laconiche sentenze, più propriamente aforismi, scritte in uno stile ambiguo e oracolare. E l’intera opera fu composta con questo stile. Persino Socrate ne disse: “Ciò che si comprende è eccezionale, per cui desumo che anche il resto lo sia, ma per giungere al fondo di questa parte bisognerebbe essere un tuffatore di Delo”. L’ambiguità e la complessità di questo libro valsero ad Eraclito il soprannome di “skoteinòs”, l’oscuro. D’altronde, il filosofo di Efeso non scrisse questo libro per divulgare il suo pensiero, ma lo destinò ai suoi pochi discepoli, poiché, d’accordo col suo carattere aristocratico e sdegnoso del volgo, “gli uomini sono privi d’intendimento e, pur avendo prestato orecchio, assomigliano ai sordi”. Eraclito muore di idropisia nel 480 a.C..
Il logos
L’uomo come problema filosofico
Eraclito è il primo filosofo che assume l’uomo come elemento determinante della ricerca filosofico. Infatti, l’uomo deve cercare la verità dentro di sé ma la maggior parte degli uomini, non riuscendo a sentirla, si lascia ingannare dalle apparenze e si muove con indifferenza e in modo superficiale nel mondo in cui si trovano, incapaci di comprendere le verità anche quando si imbattono in essa: “Ma agli altri uomini (ovvero coloro che non colgono la verità) rimane celato ciò che fanno da svegli, allo stesso modo che non sono coscienti di ciò che fanno dormendo”, e così anche nei frammenti 2 e 72. Allo stesso modo sono da criticare i sapienti del tempo perché colpevoli di polymathia (conoscenza in vari settori): esplorando vari campi del sapere umano, peccano di superficialità senza cogliere la verità. A questo genere di persone vengono relegati Omero, Archiloco, Esiodo ed Ecateo. Colpa ancora più grave quella di Pitagora, che pur essendo un filosofo non ha dato ascolto alla verità, ed è perciò considerato “l’iniziatore della schiera di coloro che ingannano con le loro chiacchiere”.
Realtà, ragione e parola
Eraclito usa il termine logos per indicare la verità, la legge generale del cosmo, l’armonia alla quale obbediscono sia il mondo naturale che l’uomo. È legge divina (nel senso non religioso del to theion di Anassimandro), legge universale e principio naturale interno alla physis, secondo il quale tutte le cose nascono e muoiono. È l’unità sottostante all’apparente molteplicità del mondo naturale, come sappiamo dal frammento 50 (“Ascoltando non me, ma il logos, è saggio convenire che tutto è uno”).
La seconda accezione di logos, che ha l’equivalente latino in ratio, è la ragione umana, l’intelletto a tutti comune che spiega e comprende la legge universale.
L’ultimo significato, il più comune, è “discorso, parola”. Probabilmente, nell’opera di Eraclito, è la sua parola, la sua dottrina filosofica, che attraverso la ragione umana spiega la legge universale. Il logos si esprime attraverso il noùs, l’intelletto, senza il quale non avrebbe significato. Parola, ragione e realtà sono perciò strettamente collegati fra di loro, e per questo Eraclito usa lo stesso termine: il logos (parola) descrive attraverso il logos (la ragione umana) il logos (l’armonia dell’universo). Dalla polisemia di questo termine proviene la difficoltà dell’interpretazione dei frammenti di Eraclito. Da notare che il compito della spiegazione è affidato alla parola, e non alla lingua scritta, in un epoca in cui l’oralità ha la prevalenza nella trasmissione del sapere.
Destinatari del logos
Il logos è rivolto a tutti, ma non tutti sanno o vogliono ascoltarlo. Invece di rivolgere lo sguardo al principio universale, si fermano alle proprie opinioni che li allontanano dalla verità. Per questo il linguaggio comune non è adatto a descriverlo, e c’è bisogno di quello della filosofia. Filosofo è colui che segue la via della verità, cosa che solo pochi sono in grado di fare, secondo la visione aristocratica di Eraclito (“Ma pur essendo questo logos comune, la maggior parte degli uomini vivono come se avessero una loro propria e particolare saggezza”, senza capire qual è la verità). Chi tuttavia intraprende questa via, sarà il migliore.
Pantha rei
La lotta dei contrari
La realtà che annuncia il logos è un mondo costituito da un insieme di elementi contrari perennemente in lotta fra di loro, riprendendo il pensiero di Anassimandro. Ma mentre per quest’ultimo la lotta produceva un’ingiustizia che doveva essere scontata “secondo l’ordine del tempo”, per Eraclito l’armonia dell’universo è la lotta stessa. Il divenire delle cose è il risultato di questa guerra. Infatti dice che “Polemos (la guerra) è il padre di tutte le cose, di tutte re”, e che “Bisogna però sapere che la guerra e comune (a tutte le cose), che la giustizia è contesa e che tutto accade secondo contesa e necessità”. I contrari non sono l’uno scisso dall’altro, ma sono inscindibilmente legati dalla complementareità: uno non potrebbe esistere senza l’altre. In questo modo il logos si oppone al modo di pensare comune, che tende a schierarsi dalla parte di un elemento, perché bisogna considerare l’armonia nel suo complesso e nella sua unità.
La legge del divenire
La realtà a causa della lotta dei contrari è in perenne trasformazione. Questo divenire cosmico proviene dal fatto che ogni contrario tende a trasformarsi nel suo opposto: “questi infatti mutando son quelli e quelli di nuovo mutando son questi”. Il mondo si trasforma secondo una legge interna, il logos. I frammenti 91 e 12 spiegano questa faccenda: “Nello stesso fiume non è possibile scendere due volte” e “Acque sempre diverse scorrono per coloro che s’immergono negli stessi fiumi”. Il fiume nel quale ci si tuffa in due momenti diversi è lo stesso fiume, ma l’acqua non è più la stessa. È e non è lo stesso allo stesso tempo, secondo l’incessante legge del divenire causata dalla lotta dei contrari. “pantha rei”, tutto scorre. Eraclito è quindi il filosofo del divenire per eccellenza.
Il fuoco
Simbolo di questo incessante cambiamento e dell’armonia di questa vitalità è il fuoco. Esso è un elemento vivo e in continuo movimento, capace di distruggere e trasformare ogni cosa. È sempre diverso ma sempre uguale. A seconda delle interpretazioni, il fuoco può essere il simbolo di questa legge del divenire (come sembrerebbe dal frammento 30) che “giudicherà e condannerà tutte le cose” o, ricollegando Eraclito alla scuola di Mileto, può essere considerato l’arché. Il fuoco raffreddandosi diventa acqua e poi terra, poi si riscalda di nuovo e diventa acqua e poi fuoco, in un ciclo sempiterno

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