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martedì 24 febbraio 2009

Tema gratis Fede e Ragione

La discussione sul rapporto tra fede e ragione ha animato filosofi, teologi e uomi¬ni di scienza di ogni epoca. Fu addirittura Aristotele, nel lontano IV secolo avanti Cri¬sto, a postulare una relazione tra la "filoso¬fia prima", cioè la metafisica, e la teologia, cioè la conoscenza delle cose divine.

Nel Medio Evo cristiano, san Tommaso d'Aquino, il più autorevole rappresentante della Scolastica, proclamato "dottore della Chiesa", considerò la filosofia, cioè il pro¬cedere per mezzo della ragione, e la teologia due differenti vie d'accesso all'unica verità, quella rivelata da Dio.
Nell'età della Controriforma, con la Chiesa di Roma che reagiva duramente alla Riforma protestante, Galilei giunse a dimo¬strare una struttura dell 'universo, in accordo con la "rivoluzione copernicana", che la mente umana poteva comprendere solo me¬diante la ragione. Per questo, lo scienziato pisano dovette subire la severa condanna del Sant'Uffizio che nella "rivoluzione astronomica" vedeva un attentato alle verità rivelate dalle Sacre Scritture.
Nel XVIII secolo, l'Illuminismo, il mo¬vimento culturale che si diffuse in tutta l'Europa ed esaltava la ragione, sottopose l'intero scibile umano al vaglio critico di
questa, l'unica in grado di garantire progres¬so e conoscenza agli uomini: decisa fu la contrapposizione degli illuministi al princi¬pio d'autorità affermato dalla Chiesa, che subordinava ogni sapere al Verbo di Dio.
Questo rapido excursus sulle dispute fi¬losofiche e culturali tra fede e scienza, si completa con le polemiche conseguenti agli strabilianti passi in avanti compiuti dalla scienza e dalle moderne tecnologie, in parti¬colare dall'ingegneria genetica, relativi ai procedimenti di manipolazione genetica e all'eventuale donazione umana.
Tuttavia, al centro delle attuali questio¬ni che coi volgono il mondo scientifico, non sono solo le singole scoperte o i singoli esperimenti, bensì l'intero operato degli scienziati: devono, questi ultimi, essere la¬sciati assolutamente liberi nel loro lavoro di ricerca e sperimentazione, oppure vanno adeguatamente vincolati a limiti di natura etica e religiosa?
È giusto pensare che il problema non sia il vietare o meno l'evolversi della ricerca scientifica, ma l'uso che si fa dei suoi risul¬tati. La storia fornisce numerosi esempi in cui un'invenzione, finita nelle mani sbaglia¬te, ha prodotto effetti catastrofici per l'uma¬nità: pensiamo soltanto agli studi, finanziati dal governo americano, che portarono alla realizzazione delle bombe atomiche che fu¬rono poi scagliate sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaley sul finire della se¬conda guerra mondiale. In quel caso, come in molti altri, gli scienziati svolsero un lavo¬ro che era stato commissionato loro dallo Stato e dai privati e del cui successivo utiliz¬zo, pertanto, non potevano certo essere re¬sponsabili.
Il medesimo ragionamento si può ap¬plicare alla genetica: una cosa è pervenire alla conoscenza della mappa genetica del¬l'uomo, il genoma, un'altra è servirsi di questa fondamentale scoperta per creare cloni umani. Con questo non si vogliono de¬responsabilizzare completamente gli scien¬ziati degli eventuali effetti deleteri delle loro ricerche: si tratta pur sempre di uomini dota¬ti di una coscienza e di una deontologia pro¬fessionale che consentono loro di distingue¬re tra interessi economici e ragioni etiche ed umane.
L'unico limite che ci sembra debba es¬sere posto alla ricerca scientifica è il rispetto per l'essere umano: nessun ritrovato, nel campo della tecnologia, della medicina, del¬l'ingegneria genetica, può mettere a repen¬taglio la vita degli individui o attentare alla dignità degli stessi. Obiettivo della scienza deve essere di migliorare le condizioni di vita dell'uomo, di curarne e tutelarne la sa¬lute, di esaltarne la dignità.
La distanza che separa la fede dalla scienza si è notevolmente accorciata rispet¬to al passato, grazie anche al contributo di tanti scienziati di profonda fede religiosa, che hanno visto nella scienza un mezzo pri¬vilegiato per ammirare il meraviglioso e "divino" ordine dell'universo, e dello stesso papa Giovanni Paolo Il, il quale non ha mancato di rilevare il ruolo insostituibile degli uomini di scienza nel consorzio uma¬no e si è appellato alla loro responsabilità e coscienza.
Proprio papa Wojtyla alcuni anni fa si adoperò per riabilitare Galilei dalla condan¬na che, come detto, subì dal Tribunale eccle¬siastico. L'errore di quest'ultimo, in quella circostanza, fu di prendere posizione su un argomento, quello astronomico, che non gli competeva: è giusto, però, precisare che ci stiamo riferendo ad un periodo storico in cui l'ingerenza della Chiesa in tutti gli aspetti della società, compresi quelli politici e cul¬turali, rappresentava un tentativo della stes¬sa di superare il momento di crisi in cui era precipitata dopo la Riforma protestante.
La Chiesa di oggi non deve incorrere nello stesso equivoco: il giustificato timore, condiviso con alcuni ambienti laici, di un eventuale uso incontrollato, o controllato esclusivamente da logiche di profitto, delle scoperte scientifiche, in particolare di quelle relative all'ingegneria genetica, non deve trasformarsi in diffidenza, da parte delle istituzioni ecclesiastiche, nei confronti del mondo della scienza.
È necessario che prevalga un atteggia¬mento favorevole alla riconciliazione tra re¬ligione e scienza, in quanto entrambe svol¬gono un ruolo fondamentale nella vita del¬l'uomo: il compito della prima è di spiegare i misteri dell' esistenza che non possono es¬sere conosciuti dalla mente umana se non attraverso la fede; la seconda punta a trarre dalla ragione, dall'esperienza, dalla ricerca, gli strumenti indispensabili a raggiungere una migliore comprensione della realtà in cui viviamo ed a consentirci di meglio inte¬ragire con essa.
Insomma, la condanna di Galilei, che rappresenta nella storia il punto di massima frattura tra fede e scienza, oggi sembra mol¬to lontana.

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