Ricerca appunti sul web

Ricerca personalizzata

lunedì 23 febbraio 2009

Tema gratis politica e bene pubblico

Si dice comunemente che oggi la poli¬tica sia in crisi. In realtà, ad essere in crisi, èun vecchio modo di far politica, basato sul¬l'intreccio di interessi pubblici e privati, sul¬la lottizzazione esulI' ambizione del potere per fini personali.

Ma la politica come arte di governo, come ricerca del possibile nel¬l'interesse esclusivo del bene pubblico, èqualcosa di nobile che non può assoluta¬mente morire, sebbene gli atteggiamenti di molti uomini politici del nostro tempo pos¬sano scalfire questo concetto che tanti citta¬dini tengono ben fermo in mente.
Non si può nascondere che screditare la politica sia diventato di moda e il fenomeno Tangentopoli, spazzando via i partiti che fu¬rono della cosiddetta "prima Repubblica", aveva provveduto ad alimentare questo sen¬timento in gran parte dell'opinione pubbli¬ca. Negli anni scorsi molti uomini politici, anche di prestigio, come segretari di partito e ministri, furono inquisiti dalla Magistratu¬ra e in molti casi anche condannati. Tutto ciò contribuì a rinnovare profondamente la politica, al punto che oggi si parla comune¬mente di "seconda Repubblica" ad indicare la nuova fase in cui sarebbe entrata la vita politica in Italia. Purtroppo alcuni aspetti deteriori del vecchio modo di fare sono ri¬masti immutati: pensiamo alla corruzione, alla "occupazione delle istituzioni", alla po¬litica intesa come mezzo al servizio d'inte¬ressi privati.
Tuttavia è bene sgomberare il campo dalla qualunquistica denigrazione della po¬litica: un atteggiamento che rischia di svuo¬tare di significato la democrazia stessa che è, innanzi tutto, partecipazione collettiva, in modi e forme ovviamente diversi, alla ge¬stione della cosa pubblica. Alcuni segnali nel nostro Paese sono infatti preoccupanti: il crescente astensionismo elettorale, l'indif¬ferenza ostentata da tanti cittadini nei con¬fronti dei problemi sociali e della vita comu¬nitaria, il rinchiudersi negli interessi stretta¬mente privati, la condanna categorica e sbri¬gativa di partiti e politica in quanto tali.
Sono tutti sintomi che possono prean¬nunciare una malattia della democrazia nel nostro Paese, in quanto sono indicativi di.
una crescente disaffezione degli Italiani alla politica, con il rischio che si lasci spazio a chi ha interesse a gestire il potere nell'indif¬ferenza popolare. Già in passato l'Italia ha lasciato fare ad un "duce" che, pretendendo di decidere tutto da solo, ha prima irreggi¬mentato il Paese come in una caserma e poi lo ha fatto sprofondare nella catastrofe della guerra.
Bisogna saper guardare la realtà: la partecipazione alla vita politica, e più in ge¬nerale a quella comunitaria, non ha mai in¬teressato "tutta" la popolazione, ma sempre una parte che coincide grosso modo con quella che legge i giornali e s'interessa a ciò che succede nel nostro Paese e nel mondo: in parole povere, quella che costituisce l'opinione pubblica. Ma di questa porzione di cittadini, purtroppo oggi in diminuzione, ma che si spera tomi al più presto ad aumen¬tare, si deve sempre tener conto anche per la sua qualità: è certamente la parte più sensi¬bile, quella che raccoglie ed esprime malu¬mori, aspettative, ansie anche della parte che si mostra indifferente, e che poi orienta in maniera determinante il voto alle scaden¬ze elettorali.
Questa fetta di cittadinanza, che forma l'opinione pubblica, non può che essere te¬nuta sempre in grande considerazione dai partiti che si dichiarano democratici, i quali devono vedere in essa un'interlocutrice con¬tinua e non solo preoccuparsene nell'immi¬nenza delle campagne elettorali. A buon di¬ritto questi cittadini consapevoli esigono che la politica non solo interloquisca con loro, in modo da colmare quel divario tra "Paese legale" e "Paese reale" che da tempo gli opinionisti più attenti hanno notato, ma anche che lavori concretamente per il bene pubblico, per il progresso più generale della società.
La politica è l'elemento soggettivo che può cambiare la realtà. Non c'è aspetto della realtà umana, sociale, economica, si potreb¬be dire anche della natura, su cui la politica, intesa come arte del governare la cosa pub¬blica, cioè nel senso più alto e nobile del ter¬mine, non possa intervenire allo scopo di prevenire, correggere, contrastare o tempe¬rare, almeno per quel tanto che rientra nelle sue possibilità. Ad esempio, una crisi eco¬nomica può scoppiare improvvisamente, ma la politica può attenuame le conseguenze sul tessuto sociale per mezzo di ammortiz¬zatori come sussidi ai disoccupati, indenni¬tà, lavori pubblici, ecc. Perfino gli effetti di un terremoto, un evento ovviamente non prevedibile, possono essere contrastati se nelle zone sismiche si costruisce seguendo determinate regole, cosicché crolli e vittime saranno meno numerosi laddove si sia pro¬ceduto con questi accorgimenti.
A livello più generale, se i governi dei maggiori Paesi industrializzati, soprattutto gli Stati Uniti, si decidessero ad applicare i dettami del "protocollo di Kyoto", che sta¬bilisce delle regole ben precise sulle quanti¬tà di anidride carbonica da lasciar immettere nell'atmosfera, le condizioni di salubrità dell'aria e quindi d'equilibrio ambientale e, più in generale, la qualità della vita miglio¬rerebbero in modo sensibile per tutti. Ma la politica quando si corrompe, lasciando pre¬valere gli interessi particolari su quelli ge¬nerali, può peggiorare le conseguenze di una crisi economica, di una calamità natura¬le, dell 'impatto ambientale degli scarichi in¬dustriali.
La nostra Costituzione è chiara: l'arti¬colo 54 recita che "i cittadini a cui sono affi¬date funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed ordine". Do¬vrebbero ben ricordarlo tutti gli amministra¬tori pubblici e tutti coloro che si appellano al voto dei cittadini nell'imminenza di qual¬che scadenza elettorale, sforzandosi di cer¬care e mantenere, anche dopo le elezioni, un più diretto e stretto rapporto con i cittadini. Solo così si può non solo dare nuovo spes¬sore morale alla politica, ma anche rinsalda¬re le basi della democrazia, non dimentican¬do che la più imperfetta delle democrazie èsempre da preferire al più perfetto e "collau¬dato" dei regimi autoritari.

0 commenti: