Commediografo greco nato verso il
445 a.C. e morto circa nel 385 a.C.. Poco è noto della sua vita: nacque ad Atene nel demo Citadenèo della tribù Pandionide. Scrisse 44 commedie, ma solo 11 sono di datazione sicura: Acarnesi (425), Cavalieri (424), Le Nuvole (423), Vespe (422), Pace (421), Uccelli (414), Tesmoforiazuse e Lisistrata (411), Rane (405), Ecclesiazuse (392), Pluto (388). Ebbe tre figli: Ararote, Filippo e Nicostrato, commediografi anch'essi. Riportò quattro volte il primo premio nelle gare poetiche, tre volte il secondo, una volta il terzo, superando così ogni altro commediografo.
L'Atene del suo tempo
Intorno al 460 a.C. il partito democratico de Efialte e di Pericle salì al potere approfittando di alcuni insuccessi dei conservatori che fino ad allora avevano guidato la politica della città. Pericle guidò da solo per oltre 30 anni le sorti di Atene, rispettandone i principi democratici: con una grandiosa politica di nuove costruzioni e di abbellimenti della città, egli diede lavoro e benessere alle nuove masse poopolari a cui aveva anche dato l'effettiva possibilità di occuparsi della cosa pubblica istituendo un'indennità per quei cittadini che avessero dovuto fungere da giudici popolari. È in questa età che Atene divenne il centro morale dell'Ellade cui convenivano da ogni località greca poeti, retori e sofisti: qui sorsero nel secolo successivo le grandi scuole filosofiche dell'Accademia e del Peritato che improntarono di sé gran parte della filosofia antica. Giovò anche alla gloria di Atene l'essere divenuta paladina dei movimenti demografici di tutto il mondo greco, contrapponendosi in ciò agli ideali statici e conservatori propugnati dalla sua grande rivale, Sparta.
La politica estera di Atene durante l'età periclea fu essenzialmente volta ad affermare il primato della città sul resto della Grecia e, nel tentativo di raggiungere questa supremazia, Atene lottò soprattutto contro Tebe e Sparta; contro queste due città e ele loro alleate dovette sostenere più tardi la lunga e sfibrante guerra del Peloponneso (431-404), provocata e voluta dallo stesso Pericle, nella quale Atene vide infine crollare il proprio predominio. Poche anni dopo Atene tornò a lottare con le altre città greche per l'egemonia: la ripresa fu manifesta durante la guerra corinzia, che si svolse nei primi anni del IV sec., quando Atene, alleatasi con le altre città greche scontente del predominio spartano, Tebe, Argo e Corinto, diede un grave colpo al predominio spartano, particolarmente sul mare, dove, nella battaglia di Cnido (394), la flotta fenicio ateniese, comandata da Conone, distrusse per sempre il predominio navale spartano.
Le Nuvole
Azione
La commedia inizia con un monologo di Strepsiade, uno dei personaggi maggiori,in cui egli si lamenta dei debiti da pagare a causa dell'esagerata passione del figlio Filippide per i cavalli: Strepsiade ritiene che il fatto di avere sposato una donna di famiglia nobile, con tutti i vizi che ciò comporta, sia stato un errore, ciò ha influito sul carattere de figlio, facendone un ragazzo viziato e spendaccione.
Alla fine delle sue lamentele gli viene un'idea: in città c'è una scuola dove si insegna a parlare, e Strepsiade è convinto che con una buona dialettica si possano vincere anche le cause non giuste. Cerca di convincere Filippide a frequentarla, ma questi si rifiuta, perciò non gli rimane altro da fare che andarci lui stesso.
Strepsiade va alla scuola tenuta da Socrate, ma gli insegnamenti del filosofo risultano troppo difficili per lui, così convince definitivamente Filippide a frequentare la scuola. Filippide si rivela un ottimo allievo, impara talmente bene a parlare, grazie a Discorso Peggiore, che si convince di poter vincere qualunque disputa, ed una lite con il padre viene risolta a suon di botte. A questo punto Strepsiade si rende conte che la colpa è sua, perché ha cercato di ingannare gli altri, e di Socrate che ha cambiato Filippine; così il vecchio va ala pensatoio e gli dà fuoco.
Personaggi maggiori
* Strepsiade: Vecchio contadino semplice che in un primo momento non esita minimamente a ricorrere alle arti ingannatrici della scuola di Socrate pur di porre fine ai propri guai finanziari. La sua natura semplice è testimoniata fin dall'inizio, quando sostiene di avere commesso un errore sposando una donna di gran casato, poiché individua nella casta di lei i germi della dabbenaggine del figlio Filippide, del quale critica anche "le fluenti chiome", che ancora una volta testimoniano le sue origini più elevate, derivanti dal casato materno.
In alcuni tratti Strepsiade ha caratteristiche comiche, quando ad esempio la sua grettezza intellettuale gli impedisce di comprendere gli insegnamenti di Socrate, o addirittura lo induce a fraintenderne il significato, interpretandoli tutti in modo molto materiale. Solo alla fine della commedia capirà a fondo gli errori che la sua iniziale superficialità lo ha indotto a commettere, e, dando fuoco al pensatoio, con tutti i suoi inganni, in qualche modo si riscatta agli occhi del lettore moderno e del pubblico.
* Filippide: La scelta del suo nome ci fa subito capire che ci troviamo di fronte ad un personaggio di nobili origini (da parte materna) il quale si presenta a noi come il classico erede della nobiltà, a cui piacciono i cavalli e i cavalieri, e che quindi si considera uno di loro (v.82;v.116;v.122), sprezzante di ciò che gli chiede il padre, perché andare a scuola non è una cosa alla sua altezza. Quando infine accondiscende a frequentare il pensatoio di Socrate, trova gusto nell'imparare le novità, nel poter disprezzare le leggi perché è comunque in grado di farsene beffe, avendo scelto di seguire gli insegnamenti di Discorso Peggiore, e conclude la sua apparizione sulle scene sostenendo che è giusto picchiare sia il padre che la madre, dichiarazione questa contraria a qualunque insegnamento morale, di allora come di adesso. Filippide non è senz'altro un personaggio simpatico.
* Socrate: È il protagonista della commedia, e non solo personaggio teatrale, ma anche figura storica che 25 anni dopo essere stato portato sulla scena fu processato da un tribunale di Atene e condannato a morte perché con i suoi insegnamenti corrompeva i giovani, e perché non riconosceva gli dèi che la città venerava, ma riconosceva invece divinità nuove e diverse.
Egli rappresentava il sofista corruttore con le sue dottrine, la sua pericolosa sapienza e le sue capacità di ingannare la gente, e ciò è dimostrato più che chiaramente dalla facilità con cui fa credere a Strepsiade nella divinità delle Nuvole, nuove ed anch'esse ingannatrici: il filosofo non esita a rappresentarle al povero contadino con il loro aspetto più terribile e minaccioso, perché egli ne sia terrorizzato e, di conseguenza, egli lo possa avere in suo potere.
La dialettica di Socrate risulta quindi una scienza negativa poiché esasperata nelle conseguenze, portata avanti da questa figura del "sapiente" che si estranea dalla comunità dei cittadini, che propone modelli di vita e credenze diversi da quelli tradizionali, che sovverte le abitudini radicate e corrompe le tradizioni. La sua scienza perciò non paga, infatti il semplice contadino Strepsiade, resosi conto di essere stato ingannato, distruggerà infine il pensatoio con tutto ciò che esso rappresenta.
Il teatro di Aristofane
Quella di Aristofane è in genere una satira personale, come è nel carattere della commedia antica,, che ha spesso contenuto politico poiché si inserisce nella vita della città,: tale caratteristica si può senza alcun dubbio riscontrare nelle commedie del primo gruppo, quelle che vanno dal 425 al 421.
Dal punto di vista storico, l'opera di Aristofane è documento del profondo disaccordo che divideva allora gli animi degli ateniesi e spiega in qualche modo le oscillazioni della loro condotta in questo periodo della guerra peloponnesiaca che si concluse con la pace di Nicia (421). In seguito la satira di Aristofane si fa meno precisa: nel 414, durante la spedizione in Sicilia, cade la composizione degli Uccelli, la più svagata e forse la più bella delle commedie di Aristofane, che vuol essere un'evasione dalla realtà, ma che infine alla realtà riconduce, seppur con scarse allusioni strettamente politiche. Anche nella Lisistrata (411), in cui è ripreso il problema della pace, sembra chiara l'intenzione di Aristofane di non impostare la sua commedia su un preciso riferimento politico.
Accanto alla critica politica è la satira letteraria, diretta soprattutto contro Euripide, di proposito nelle Tesmoforiazuse e nelle Rane, quest'ultima scritta poco dopo la morte del poeta. Assai prossima come intenzione alla critica euripidea è quella rivolta contro Socrate, che nelle Nuvole è accomunato ai sofisti. Le Nuvole sono spesso oggetto di studio anche da parte di chi ambirebbe poter dare contorni più precisi alla figura storica di Socrate, ma in realtà la satira di Aristofane è piuttosto generica: è in fondo la critica che il non filosofo farà sempre del filosofo, anche se nel caso particolare essa si concretizza proprio in quelle accuse che saranno poi il fondamento dell'azione giuridica intentata contro Socrate da Meleto.
Le ultime opere di Aristofane, le Ecclesiazuse e il Pluto, rivelano un'ispirazione stanca, denunciano soprattutto la scomparsa della libertà di critica e di parola di cui la commedia si era nutrita, e di conseguenza il volgersi di essa verso temi sempre più generici: nelle Ecclesiazuse le donne che si impossessano del potere ed instaurano una specie di comunismo; nel Pluto, il dio stesso della ricchezza che, da cieco divenuto veggente, provvede ad una distribuzione più equa dei suoi favori. Anche nella struttura (scomparsa quasi totale del coro), queste due ultime commedie preludono alla commedia nuova, ed il Pluto fu considerato già dagli antichi come appartenente alla cosiddetta commedia di mezzo.
Al giudizio di noi moderni le commedie di Aristofane appaiono nella loro struttura alquanto slegate: meno la prima parte, in cui l'azione si svolge con qualche coerenza; per la seconda che tende a frangersi in una serie di scontri di personaggi secondo il gusto della farsa popolaresca. Le commedie di Aristofane ci appaiono spesso come l'espressione di una società in sé angusta anche se impegnata in azioni storiche di primo piano, eppure l'opera di Aristofane ci appare sempre più viva e affascinante per la genialità della fantasia comica, per le battute incalzanti ed inaspettate, per la raffigurazione concreta di situazioni e concetti astratti (Discorso Migliore e Discorso Peggiore nelle Nuvole), per la grossolanità delle allusioni scurrili, per la levità lirica di alcuni cori che ad essa fanno contrasto. Gli elementi buffoneschi e triviali si fondono con quelli poetici e lirici con una levità in cui è forse il segno maggiore del genio aristofanesco.
Citazioni di passi dal testo
1. Vv. 343-348: Socrate tenta di terrorizzare Strepsiade con le immagini terribili degli elementi in cui le nuove divinità si possono trasformare: sta facendo questo per avere il vecchio in suo potere e convincerlo così a rinnegare i vecchi dèi per adorare quelli nuovi.
2. Vv. 435-453: Strepsiade mette a nudo lo scopo per il quale si era recato al pensatoio di Socrate: ciò che lo ha mosso è un fattore esclusivamente venale, imparare cioè ad ingannare il prossimo con le parole giuste per trarne profitto, ma ciò infine si ritorcerà contro di lui.
3. Vv.1396-1401: Filippide è stato il perfetto allievo di Socrate: ha imparato a disprezzare le leggi in vigore perché può evitare di essere punito quando le calpesterà, ma della lezione imparata ne farà le spese il padre che aveva convinto il figlio a frequentare quella scuola per trarne vantaggi economici.
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mercoledì 4 marzo 2009
Tema svolto gratis le nuvole di Aristofane
Pubblicato da Baiox alle 05:05
Etichette: Letteratura Italiana
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