Quella sera don Abbondio stava gustando un po' di tranquillità dopo le
agitazioni dei due giorni precedenti, era immerso nella lettura di un libro e aveva incespicato nel nome di un filosofo greco di cui nulla sapeva. A questo punto Perpetua annuncia la visita di Tonio e Gervasio: Tonio voleva pagare il debito che aveva col curato e ottenere il pegno da togli. L'ora era tarda, ma era bene profittare dell'occasione: Tonio quei soldi poteva sciuparli nell'osteria. Da questo pensiero indotto don Abbondio, nonostante la diffidenza, lo lascia entrare ed ammette nello studio. Dietro, ma lui non se ne avvede, ci sono Renzo e Lucia: Agnese si è portata via Perpetua attirandola con l'argomento, per Perpetua sempre molto sensibile, del mancato matrimonio con uno dei tanti pretendenti. Quando don Abbondio alza la testa per consegnare la Polizza a Tonio, si vede davanti Renzo e Lucia: Renzo riesce a pronunciare la formula: non vi riesce Lucia travolta dal tappeto del tavolino che il curato le scaglia addosso. La confusione ora è generale: la candela è caduta per terra e s'è spenta: tutto è nel buio e nel buio i due promessi cercano di guadagnare la porta, Tonio di riprendersi la ricevuta, e Gervasio di uscire dal marasma creandone altro. Dalla stanza attigua dove s'è barricato il curato invoca l'aiuto del campana io Ambrogio, il quale improvvisamente destato suona a martello le campane svegliando il paese e sollecitandone l'aiuto contro il misterioso nemico. Intanto Menico torna a casa dal convento e quando si avvicina alla casa di Agnese è bloccato dai bravi di don Rodrigo, che erano penetrati nella casa ma l'avevano trovata vuota. A questo punto comincia il suono delle campane: ritenendosi scoperti i bravi fuggono. Scappano anche Renzo e Lucia: scappa verso il curato Perpetua e dietro le è Agnese. Il paese è in preda ad una grande agitazione: don Abbondio invita tutti a tornare a casa: il pericolo è finito. Menico sfuggito ai bravi informa Agnese, Lucia e Renzo che in casa ci sono i bravi: seguano il consiglio di padre Cristoforo che li attende nella chiesa del convento. Lucia ed Agnese si recheranno con una sua lettera di raccomandazione a Monza: saranno ospitate in un convento; Renzo con altra lettera si recherà a Milano presso il convento dei cappuccini. Comincia così il viaggio di dispersione dei tre.
Parafrasi de "Addio Monti"
Addio Monti nascenti dall'acqua, ed innalzati al cielo; vette differenti, conosciute a chi è maturato tra voi, e segnato nella sua mente, non di meno dell'aspetto dei suoi più conosciuti, ruscelli, dei quali si capisce il fragore, come la rinomanza delle voci di casa; borghi sparsi e albeggianti sulla pendice, come un gregge di pecore che pascolano; addio! Quanto è sconfortante il passo di chi, è diventato adulto tra di voi, e adesso se ne allontana. Alla voglia di quello stesso che se ne va di proposito, preso dalla fiducia di fare fortuna altrove, svaniscono, in quel istante, le illusioni dell'abbondanza; egli si stupisce della decisione, e ritornerebbe indietro, se non immagina che, un dì, ritornerà ricco. Più avanza nel piano, più il suo occhio si chiude, schifato ed esausto di quella estensione monotona; l'aria gli sembra pesante e morta; si addentra triste e distratto nelle città movimentate; le case aggiunte a case, le strade che fluiscano nelle strade, sembra che gli tolgano il fiato; e dinanzi agli edifici ammirati dallo straniero, immagina, con brama smaniosa, alla terra del suo paese, alla dimora cui ha già posato gli occhi da tanto tempo, e che acquisterà, ritornando ricco ai suoi monti. Ma chi non aveva mai spinto di là da quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composto in essi tutti i progetti del futuro, e n'è intagliato lontano, da una forza perfida. Chi, diviso un tempo dalle consuetudini amate, e infastidito nelle più interiori aspettative, lascia quei monti, per dirigersi in cerca d'estranei che non ha mai ambito d'incontrare, e non può con l'inventiva sopraggiungere ad un attimo stabilito per il rientro! Addio, casa natia, dove, sedendo, con un idea occulta, si apprese a scindere dal rumore dei passi comuni il rumore d'un passo atteso con un oscura paura. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla fuga, passando, e non senza vergogna; nella quale la mente si illustrava una dimora calma e perenne di sposa. Addio, chiesa, dove l'animo ritornò tante volte felice, inneggiando le lodi del Signore; dov'era giurato, preparato una funzione; dove il sospiro nascosto del cuore doveva essere austeramente consacrato, e l'amore essere ordinato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta felicità è per tutto; e non disturba mai la felicità dei suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.
Ricerca appunti sul web
Ricerca personalizzata
mercoledì 4 marzo 2009
Tema svolto gratis I Promessi Sposi capitolo 8
Pubblicato da Baiox alle 08:21
Etichette: I Promessi Sposi
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
0 commenti:
Posta un commento