Il problema della scelta delle fonti di finanziamento per l'impresa si risolve a sistema considerando, perlomeno, i seguenti elementi:
: intensità del margine operativo, costo dei capitali, caratteristiche del fabbisogno finanziario (che, in prima approssimazione, coincide con il capitale investito) e mantenimento del leverage (o rapporto di indebitamento) a livelli di sicurezza per il management aziendale.
Al fine dell'analisi per indici si sostiene una correlazione temporale fra le classi di impieghi dell'attivo e le classi delle fonti di finanziamento: il capitale investito è costituito dall'Attivo Fisso (AF; investimenti che si recuperano in maniera graduale attraverso l'imputazione di quote di ammortamento) che avrebbe, pertanto, bisogno di fonti di finanziamento che si recuperino, analogamente, in maniera graduale (ad esempio mutui o crediti a medio-lungo termine o Capitale Proprio) e dall'Attivo Circolante (AC) che, invece, necessita di un finanziamento a più rapido rigiro, in linea con le proprie caratteristiche.
Nascono, in quest'ottica, gli "indici di struttura finanziaria-patrimoniale":
• il "primo indice di struttura", dato dal rapporto fra Capitale Proprio ed Attivo Fisso cioè da CP/AF ed indica quanta parte del fabbisogno finanziario generato dall'attivo fisso è coperta dal capitale proprio; tale indice dovrebbe assumere, almeno nel lungo periodo, valori prossimi all'unità.
• il "secondo indice di struttura" chiamato "indice di struttura propriamente detto", dato dal rapporto fra capitale proprio più debiti a medio-lungo termine (Dm/l) ed attivo fisso e cioè da (CP+Dm/l)/AF indice che dovrebbe assumere, in aziende finanziariamente solide, un valore maggiore dell'unità; qualora assumesse valori inferiori ad uno indicherebbe uno squilibrio dell'impresa in quanto verrebbe a mancare quella correlazione temporale tra le fonti di finanziamento (capitali permanenti, in quanto il mutuo è considerato sostituto temporaneo del capitale proprio) e gli impieghi in attivo fisso.
Tali indici, anziché in rapporto, possono anche essere espressi in valore assoluto dando così vita ai margini di struttura: avremo pertanto il margine di struttura primario pari a (CP-AF) ed il margine secondario dato da (CP+Dm/l-AF). Quando l'indice di struttura propriamente detto è maggiore di uno (cioè il margine di struttura secondario è maggiore di zero) significa che capitale proprio e debiti a m/l termine eccedono l'attivo fisso; bisognerà allora stabilire di quanto sia tollerabile tale eccesso: per fare ciò dovremo allora analizzare la struttura dell'attivo circolante; quest'ultimo è infatti composto dal magazzino (rimanenze), dalle liquidità differite e dalle liquidità immediate dove il magazzino è a sua volta suddivisibile in magazzino a scorta di veloce rigiro e magazzino a scorta permanente (o scorta tecnica: quella quantità di scorte comunque necessaria per mantenere in atto i cicli produttivi aziendali); tale seconda parte del magazzino è l'elemento dell'attivo circolante che risulta maggiormente immobilizzata ed è quindi quella che va considerata in contrapposizione dei capitali permanenti per stabilire di quanto sia accettabile il margine di questi ultimi sull'attivo fisso. L'indice di struttura propriamente detto sarà dunque modificato in (CP+Dm/l)/(AF+MAGperm) dando così luogo ad un indice che dovrebbe essere pari all'unità e che è detto "indice di struttutra completo"
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domenica 1 marzo 2009
Appunti economia gratis : Analisi della struttura patrimoniale
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